sabato 23 maggio 2015

IL LAGO DEI CIGNI FA SEMPRE SOGNARE

   Parma Danza 2015 ha chiuso l'evento al Teatro Regio di Parma.
Se il Lago dei Cigni del Balletto dell'Opera di Kiev è stato tutto un tripudio di luccicanti Svarowsky,col Balletto di Roma Il Lago dei Cigni ovvero il Canto è stato tutto una distesa di stracci.
Due versioni e due chiavi di lettura fra classico e giovani promesse e innovazione  a fili argentei fra i capelli sul viale del tramonto.
Piume e piumazzi sono comunque di rigore, svolazzando fra le scene danzando con la leggerezza dei fiori di pioppo o la pesantezza dei fiocchi di neve.


Nel Balletto di Roma i fiocchi scendevano fitti come se nevicasse, fra vecchi cigni stanchi e alle prese con il bilancio della loro vita. Un bilancio in rosso fatto di sperperi per stare in scena fra un teatro e l'altro per strappare un applauso a dare un soffio di vita ad un'esistenza polverosa e grigia come solo quella dei camerini può offrire.


Ma ogni entrata in scena è come una nuova linfa vitale che dura comunque il tempo di una esibizione. Performance dopo performance, quella che un tempo era la piroettante ballerina nei panni di Odette si ritrova vecchia e affaticata alle prese con un'Odile giovane e seducente che incalza per scalciarla dalla posizione di étoile, mentre i suoi partner, coreografo e principe sono rispettivamente uno spietato maestro che mette in pratica le dure regole del gioco dove chi invecchia è destinato a passare in secondo piano mentre il principe si crogiola in un narcisismo infantile tipico dei primi ballerini “sono-io-la-grande-fica”

Ragazzi che figata verrebbe allora da dire perchè tutti sgomitano per farla vedere: le ballerine a gambe levate, i ballerini in perizoma a battacchio in sforbiciata e retro a filo dentale in bellavista.
C'è comunque una variante che è stata introdotta in più spettacoli di danza moderna, ed è quella di mettersi a nudo facendo scattare l'erotismo del vedo-non-vedo classico in nudo d'autore moderno con applauso asscicurato.


Il Cigno del Balletto di Roma si ispira Al Canto del Cigno di Anton Cechov mixando la messa in scena del balletto con la vita dietro le quinte dove la scena a volte è ancora più interessante coinvolgendo la sfera delle emozioni intrise di odio e amore, rivalità ripicche e crudeli vendette perpetrate in diretta a spettacolo  in corso, quando uno meno se l'aspetta e non preparato a parare il colpo. Insomma una vita di polvere di stelle che si rivela tale sia nei piccoli teatri di periferia che in quelli delle grandi metropoli dove gli aneddoti non si contano ma spesso rimangono sconosciuti perchè non c'è un biografo come per esempio un  Paolo Limiti in Tv a raccontarceli. Il Teatro è un piccolo Mondo abbastanza chiuso e di nicchia per cui la polvere del palco e quella dei palchi si uniscono per stendere un velo a fine applauso aprendosi alle recensioni del critico autorevole.






Non sono regole rigide queste perchè qualche volta gli attori fanno anche rete. Ne ho avuto la prova con uno di Teatro Due che recita spesso con Elisabetta Pozzi definita da lui la più grande attrice. “Della Compagnia?” chiedo io: “No a livello Nazionale” ribatte lui deciso e ammirato. Ecco il segreto di Teatro Due, quella Compagnia di Giro è un Carro di Tespi dove tutti sono fraternamente amici dividendo la sorte fra alti e bassi: Teatro Stabile e Stabilità fanno garanzia di continuità.
Tornando ai nostri Cigni, il Balletto di Roma ha galvanizzato la platea che ha risposto entusiasta con tanti applausi specie nell'entrata in scena del mitico gruppo di cigni a quattro che danzavano ricurvi con braccia e mani a mimare la danza delle gambe proiettate sullo schermo gigante. Un connubio divertente e ironico che ha alleggerito il gioco al massacro nell'unione fra teatro e danza come metafora di arte e vita non risolvendo la domanda se sia la vita ad ispirare l'arte o viceversa.
Quel che è certo è che sia il sogno ad ispirare l'arte perchè si crea tutto quello che viene  immaginato ad occhi aperti come rappresentazione dell'inconscio con un'elaborazione fantastica che copre anche la sfera della realtà.


Il Lago dei Cigni dell'Opera di Kiev invece è stato fedele all'allestimento classico del balletto russo (in questo caso Ucraino) con i fondali dipinti ed i costumi di maniera come da tradizione che vanno da quelli bucolici del divertissment ai tutù rigidi ma sinuosamente onduleggianti cosparsi di svarowsky ad adornar anche le piume del capo di Odette o a diadema di Odile, passando da quelli delle varie etnie spagnoleggianti od orientali per le adunate a Palazzo degli invitati di altri Paesi, scelti fra principi e regnanti come nelle favole che ci hanno fatto sognare da bambini.
Insomma tutto da copione come da partitura di Tchajkovskij e coreografie di Petipa portate rigorosamente avanti fin dal secolo 800, quando venne tradotta in  Balletto del Lago dei Cigni.


Gran finale per Parma Danza 2015 con il Teatro Regio finalmente tutto esaurito segno che questo genere di spettacolo resta il preferito per cui gli applausi sono stati sinceri e di lunga durata per tutto l'ensemble di ballerini che ha eseguito con impeccabile tecnica tutti i quadri del balletto con tanti wow di apprezzamento rivolti a Olesia Shaytanova nel doppio ruolo di dlile-Odette molto brava nelle movenze del cigno con le lunghe braccia arquate e il capo inclinato la cui statura minuta e delicata ha permesso di spiccare agilmente il volo sostenuta agevolmente dal partner nel ruolo del classico principe. Con tanto di pacco.
Anche questo un classico del balletto molto importante per far sognare tutto il pubblico di donne. E non solo, questo va detto.

lunedì 11 maggio 2015

DON QUIXOTE, SOGNANDO IL MONDO IN UNA STANZA E DOLCE VITA DI CRISTO


Continua Parma Danza 2015 al Teatro Regio a tutta danza contemporanea che riscuote successo a fasi alterne.
Nella serata di martedì 28 aprile era in scena l'Aterballetto che si è confermato come prima scuola italiana in assoluto non deludendo mai le aspettative.
Dopo il grande successo di Certe Notti con le musiche di Ligabue che fra gli eventi di Parma Danza nelle passate edizioni aveva lasciato un segno, l'Aterballetto ha portato in scena in Don Quixote  de la Mancha aprendo con una coreografia accattivante composta da un fondale bucato a sagome di tante vele spiegate, o tende svolazzanti dalle quali intravedere il mondo proiettato con immagini che si alternavano dai velieri, latini mascalzoni di Luna Rossa memoria, alle pale dei mulini a vento che il Don Quixote e l'amico Sancho Panza (suo alter ego) hanno sempre visto, secondo l'autore Cervantes, come mostri.


Le proiezioni in digitale sono le coreografie del futuro della danza se si vuole innovare facendo ancora sognare dopo aver quasi del tutto abbandonato le scenografie dei classici da fiaba.
Il balletto si sviluppa tutto in una sola stanza dalla quale i due amici si parlano fronteggiandosi per intraprendere il viaggio onirico di sogni e di chimere. A suon di nacchere e scalpitìo di cavalli.
Le musiche infatti sono spagnole in mixage tra antiche e moderne, tradotte dal compositore finlandese Kimmo Pohionen per dare un tocco di contemporaneità, molto sensuali ad accompagnare le movenze dei ballerini che si snodano seguendo il ritmo cadenzato a suon di chitarre o nacchere e tambur battente infuocando gli animi di passione così come tutto ciò che vien dalla  Spagna.

Finalmente la danza caliente era entrata in scena galvanizzando lo spettatore dalla prima scena all'ultima in un crescendo che andava dagli assolo, ai duetti dei due ballerini

protagonisti che curiosamente come in Certe Notti sono stati i più sensuali nelle movenze in perfetto sincrono molto eleganti, per poi passare alla coppia etero, a tre a a gruppi.
La coreografia è di Eugenio Scigliano, scene e luci Carlo Cerri, con i costumi Kristopher Millar e Lois Swandale molto colorati che insieme alle danze formavano un bellissimo caleidoscopio sempre in movimento. Appplausi e tutti in trionfo.


Tiepida per non dire fredda è stata invece l'accoglienza de La Dolce Vita nella serata di giovedì 30 aprile, forse troppo d'avanguardia Under Groud, perchè non si è capito il nesso fra religione (la passione di Cristo) e performance in mutande fra botteghe di falegnameria con cavalletti alla Foppa Pedretti e Cristo Risorto fra grida di giubileo a suoni gutturali da animali di memoria Odisseica Spaziale del 2001, che segna comunque anche l'anno del crollo delle Torri, chiamiamole così come metafora di nostre palle schiacciate sotto.
Le citazioni “colte” sono un cult della mia recensione liberamente ispirate a tutta danza squinternata in scena con la Dolce Vita perchè più amara non si può in quanto non c'azzecca nemmeno a livello di parodia. Di una Dolce Vita.
Il significato oscuro anche se è stato reso noto dall'autore come sopralluogo nostalgico di un'archeologia misteriosa non è stato recepito dal pubblico che si è perso nei meandri di titoli a quadretti, come una sorta di cruciverba, a visioni imbarazzanti con ballerine a nudo a gambe corte pancette in fuori, e ballerini in slip afflosciati a forme stropicciate, per meglio illustrare la sofferenza di poveri cristi.


Forse il pubblico non è maturo per questo tipo di spettacolo o forse non è l'autore in linea con i gusti del pubblico ma si sa che non bisogna porre limiti ad un artista libero di esprimere quello che gli pare, anche se alla fin fine il pubblico (composto quasi esclusivamente da signore o insegnanti di danza) non si sente di applaudire calorosamente, lasciando in fretta la sala perchè più che la Passione di Cristo sembrava di aver assistito a una Via Crucis tanta era la sofferenza condivisa con gli spettatoi fra i quali qualcuno uscendo si era fatto il segno della Croce. Amen.