martedì 5 gennaio 2016

DRAKULA NELLE CENERI DEI BALKANI

Imprecazione contro Dio. “Questa è blasfemia!”. “No, questa è la Carpaziaaaaa!” Ed è così che inizia una danza a culi nudi a tambur battente a ritmo sensual-zagabrinsky-rock di ispiurazione Goran Bregovic (quello di matrimoni e funerali): Cazzinculo-cazzinculo-cazzinculo-cazzinculo... Eccheccazzooooo|
Infatti arriva a forma di clava che il “protagonista satanico si posiziona dietro per succhiarne uno piccolo davanti.
Wilma danmmi la clava! No non siamo sul set dei Flingston ambientati al tempo della Pietra, ma alla Fondazione Teatro Due per lo spettacolo Drakula di Bram Stoker, liberamente interpretato da una compagnia Slovena con la regia di Andras Urban. Il Terribile!
Il quale viene invece definito visionario, ma la visione non è per tutti men che meno per un pubblico adulto visto come tanti hanno lasciato alla fine la sala senza applaudire.


Sicuramente erano scandalizzati dalle scene orgiastiche nelle quali gli attori non si sono fatti mancare niente arrivando, fra seghe stupri e cazzinculo cazzinculo czzzinculo a catena nel portare in  scena neonati fra le braccia delle madri a succhiare prima il seno e poi fra le loro gambe.
Passino pure queste rappresentazioni oscene perchè il web abbonda con una vasta offerta per tutti i gusti sessuali ai quali siamo assuefatti pupi compresi perchè appena nascono hanno già lo smartphone in bocca per poi metterselo davanti a vederlo crescere fino a quando non lo posizioneranno a'retro per comprarne uno  tecnologicamente più avanzato ma questo era un passo che Teatro Due poteva anche evitare.


Certo uno doveva immaginarlo che lo spettacolo avrebbe fatto sensazione perchè l'argomento va già da sé verso l'affondo fra le viscere del male ad incutere paura e terrore nel vedere tutto quel sangue sgorgare specie dalle parti basse delle protagoniste donne. Le quali con la canotta della salute e le mutandine bianche si sono esibibite con il loro mestruo color sangue in bellavista cosicchè a prender il cazzinculo-cazzinculo-cazzinculo è toccato al maschio.  Diavolo per antanomasia in quanto detentore di ogni potere, quello politico, economico e finanziario e di tutto ciò che fa beni materiali a corredo del benessere e del lusso dell'uomo privilegiato perchè grande predatore.
Una breve prefazione prima dell'apertura dello spettacolo ci ha posto tutti davanti alle recenti guerre dei Balcani con gli attuali rifugiati che tendono la mano per uscire dalle persecuzioni dell'Isis perpetrate in nome di Dio, nelle quali i Cristiani hanno comunque sempre fatto la loro parte con le Crociate e anche dopo quando erano in pace torturando fino alla morte quelli che consideravano contro: eretici streghe e tutto quanto considerato anormale che con l'Inquisizione ha raggiunto un picco di disumana follia.
Come quella che aveva colpito il Conte Drakula secondo Stoker nel mettere in atto una sanguinosa vendetta contro i suoi nemici che aveva fatto affogare, dopo atroci torture, in un bagno di sangue dal quale lui era risorto più forte e più potente fino a raggiungere l'immortalità.


Ma Drakula non è il diavolo ma  un sopravissuto che continua a rivivere in possesso di tutti quegli uomini i quali, sottoposti ad atroci sofferenze diventano loro stessi disumani perdendo ogni speranza di tornare a vivere.
Non è stato così anche con i campi di concentramento quando in molti si erano chiesti dove fosse Dio in quel momento?
Dio non c'entra in queste “cose di disumane vicissitudini” perchè lui ha lasciato agli uomini il libero arbitrio  nel seguire o non seguire le leggi universali rivolte al bene   impresse nelle nostre menti e scritte nelle Sacre Scritture per darci una rinfrescata alla memoria di quello che dovrebbe essere la nostra vita.. Possibilmente a dignità  umana e non animalesca. così come succede a tanti uomini che non si possono chiamare tali, con  Drakula in primis, cristiano maledetto perchè malato terminale nell'anima e nella mente.
E fin qui va benissimo. Quanti indemoniati abbiamo già visto al cinema (di serie esorcismo) o in Tv (in miniserie nei quali il vampirismo è studiato in psicanalisi)  assistendo alle loro imprecazioni contro Dio? Ma un conto è una fiction virtuale un altro è assistere dal vivo  ed applaudire partecipando di fatto ad inneggiare a Satana come se assistessimo ad una Messa Nera? Nella quale l'unica curiosità consiste nel constatare quanto i Teatri Europei rispetto a quelli nostri Italiani fin troppo legati legati a Cechov  coi suoi Giardini mal curati e patrimoni dissipati, o a Goldoni con le sue Baruffe Chiozzote e Locandiere Arlecchine, si siano portati ad osare sconfinando oltre l'umana comprensione.


Perchè la domanda è: come mai noi occidentali lasciamo che una raffica di imprecazioni contro di Dio  che sono solo l'occasione per dire bestemmie in diretta ed in coinvolgente, anche se involontario, happening che  di fatto ci fa entrare nella fila  degli adepti all'altare di Satana, accettiamo tutto questo mettendoci ad applaudire in nome  dell'arte che non deve avere censure? Ma la bestemmia secondo la nostrra costituzione non è un reato?
Un conto è la libertà di satira un altro è la libertà di maledire “Colui” che ci ha creato. Liberi di non credere ma di offendere assolutamente no. Specie se è il Divino Creatore nella quale per fortuna l'Umanità ancora crede.


Concludendo:  non sarebbe male consigliare a questi giovani attori croati vitali ed entusiasti nel fare un'orgia in scena mimata ad arte-porno-pedofila mentre si inanella una serie di bestemmie come una sorta di lugubri litanie a pugno alzato verso Dio e la Croce, di armarsi di coraggio e andare a lavorare facendosi veramente un po' di culo.
Farsiilculo-farsilculo-farsilculo...anche perchè gli applausi raccolti sono stati alquanto tiepidi. 
A Teatro Due non si è mai sentito fischiar nessuno. Tutti bravi, basta che recitino su questo palco che in tutti questi anni si è ammantato di fama di teatro d'avanguardia d'Europa  frequentato soprattutto dall'intellighenzia parmigiana.
Si fa per dire perchè una compagnia di uomini adulti uscendo se la ridacchiavano come dei raffinati spettatori di porno-club dicendo: “Però, ci siamo fatti una cultura. C'è sempre da imparare...” Erano sicuramente fra quelli che avevano applaudito entusiasti: mai visto tanto realismo porno-horror-sado-maso-fetish-pedofilo nelle performances teatrali.
Gira e rigira è sempre il sesso che colpisce. Le bestemmie sono scivolate via senza lasciare il segno. C'è da riflettere.



LA LOCANDIERA DI CARLO GOLDONI. QUANDO IL MESTIERE E' ESERCITATO AD ARTE.



Divani divani divani, divani sparsi per tutta la stanza (la hall) dove si inseriscono tavolini mobili insieme a poltrone e sofà: La Locandiera è di qualità.
Carlo Goldoni l'aveva scritta a metà 700 ed è ancora attualissima specie con la regia briosa  di Walter Le Moli per la fondazione Teatro Due in scena martedì 25 novembre.
Allegro andante a ritmo minuetto i personaggi appaiono tutti in scena accennando passi di danza mentre la locandiera appare con una falcata mascolina vestita da cavallerizza:  camicia con maniche a sbuffo, polsini a ventaglio e striscie di volants al collo calzoni neri a vita alta e stivali fetish ad effetto mise avant Chanel.
Curiosamente anche in questa pièce la protagonista è in stile cavallerizza come visto in Ivanov ma al posto della treccia rossa di Sasha, la locandiera porta un caschetto rosso fiammante.


Tutte a capello rosso le protagoniste a Teatro Due come la musa di Walter Le Moli Elisabetta Pozzi che nella scorsa stagione ha furoreggiato con il suo trittico nel mito scegliendo la propria strada fra i classici della Grecia  dando un concreto contributo alla regia. Che non era di Le Moli. Il quale ha comunque optato per la rossa fiamma di questa locandiera (Cristina Cettellani) che curiosamente assomiglia tale e quale a Milly D'Abbraccio la sorella famosa di Maria Angela l'attrice che aveva fatto coppia con la Pozzi nel 2001 per l'allestimento di Maria Stuarda, uno spettacolo che aveva fatto molto scalpore per il bacio lesbo tra La Stuarda ed Elisabetta ad immaginare che le due si amassero in segreto secondo il testo tradotto da Dacia Maraini. Ma più che il lesbo-chic potè la ragion di stato per cui lo spettacolo seguì alla fine il corso classico del taglio della testa alla regina di Scozia con a seguire un successo annunciato.


La locandiera dura tre ore che passano velocemente perchè si segue da cima a fondo nel piroettar delle situazioni scoppiettanti di una società decadente fatta di nobili oziosi che fanno a gara nello sperperar il patrimonio, nel quale a vincere è il Marchese Forlipopoli rimasto a grattare il fondo del barile.
Il denaro, i cadeaux di preziosi fanno da sfondo alle vicende che girano intorno alla locandiera faccendiera emblema di quella classe media che si stava imponendo per far girare tutto quel denaro sperperato emergendo poi con la rivoluzione. Il fattore vincente di questa vivace Locandiera  sta nella operosità senza disdegnare di svolgere di persona il mestiere presentando biancheria pulita piatti e intingoli succulenti, vini pregiati insieme a tanto brio  per farsi il giro giusto  fra i nobili molto ben disposti a mettere una mano sul portafoglio e una sul cuore senza mai toccarla con un dito. Sì perchè la Locandiera non è una civetta che promette senza mai dare  puntando invece ad esercitare il mestiere ad arte, sia come manager che come donna. Obbligatissima ma non a costo della sua onorabilità. Però, tirando troppo la corda nello sfidare un cavaliere che odia dichiaratamente tutte le donne per farlo capitolare sotto il suo femmineo potere, si ritrova sola in una situazione imbarazzante come una sorta di la Bella Cecilia che tutti la vogliono ma nessuno la piglia. E in quella società le donne sole non sono mai dame, come si evince dalle due commedianti che pur essendo vestite da nobili una volta smascherate vengono trattate come volgarissime cocottes.


I tempi non erano ancora maturi per le donne per affermarsi anche se autonome e indipendenti per cui La Locandiera finisce mestamente per scegliere di maritarsi con il suo fedele servo sicura che anche dopo potrà dominarlo continuando onestamente nel suo gioco. Di Locandiera-faccendiera furba e scaltra capace di spillare soldi ai viziosi nobili.

Ed è proprio il servo che si accaparra la parte più esilarante perchè armandosi di secchio e scopa per pulire il pavimento, entrando in scena  si ritrova due operai con tuta e casco che fanno il lavoro con un aspiratore ad anticipare il tempo del cambiamento in corso.
Tante sono le trovate divertenti che il regista ha inserito facendo un bellissimo spettacolo con Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Sergio Filippa, Luca Nocera, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen ed Emanuele Vezzoli in replica ancora dall'8 al 13 dicembre. Da vedere.

IVANOV: UOMO CATTIVO INTELLETTUALMENTE ONESTO

Ivanov alla Fondazione Teatro Due Sabato Sera 20 novembre.
Anton Cechov in scena con il Teatro Stabile di Genova e la regia di Filippo Dini fedele al testo classico a rivisitazione scenografica e costumi al di là del tempo assemblati con estro e fantasia.
Ad illuminare le scene tanti candelabri accesi al piano terra e fatti calare dall'alto in stile déco dove a fare da padroni sono panchine (nella prima parte svoltasi in giardino)  divani (tutti rossi in vellutino nella seconda parte)  e sofà (una sorta di divano-letto (nella terza parte) sui quali si consuma il dramma cechoviano.
Una versione molto accattivante era stata trasmessa anche in Tv recentemente su Rai 5 con lo sceneggiato anni 60 interpretato da Anna Maria Guarnieri e Monica Guerritore attrici giovanissime che comunque furoreggiavano in questo genere di drammi molto curati sempre nelle scenografie e nei costumi rigorosamente d'epoca (in questa caso in stile matriosca con le lunghe trecce e sottanoni delle protagoniste donne).
In particolare colpiva la scenografia perchè sviluppata su due piani con porte e finestre che si aprivano e chiudevano sui vari quadri in scena, a differenza di oggi che i quadri delle scene sono intercambiali con le pareti mobili che passano dal giardino agli interni con estrema velocità perchè anche in palcoscenico la tecnocologia ha fatto grandi passi.

La musica invece no, è sempre quella che sta facendo tendenza dopo il premio Oscar di Birdman con la musichetta jazz che accompagna la sfilata dei protagonisti in scena che questa volta è andata solo in finale in occasione degli inchini ed applausi di una platea numerosa nonostante la pioggia e vento scrosciante della serata che non ha fatto desistere gli appassionati di teatro.
Ivanov (Filippo Dini) è il protagonista che si macera fra le sue masturbazioni mentali nei rapporti con le donne della sua vita: la moglie Anna (Sara Bertelà) sposata per la sua dote che però gli viene rifiutata dai genitori di lei per aver ripudiato la religione ebraica che, dopo cinque anni di matrimonio, ammette di non amare anche se malata terminale (tisica), e la fidanzata  Sasha( la giovanissima Valeria Angelozzi,  amante disinvolta e senza scrupoli desiderosa soltanto di prendere il posto della moglie in fin di vita) che non ama anche se piena di vita perchè lui mira a farsi scontare un ingente somma prestatagli da sua madre Zinalda (Orietta Notari).


Insomma un cacciatore di dote che comunque esercita un grande fascino sulle donne per la sua prestanza fisica ed onestà intellettuale scambiata dalle giovani vittime come ricchezza spirituale. Un uomo da amare in gioventù con passione a costo di tagliare con tutta la famiglia, e da salvare  in mezza età a costo di tagliare con la bella società sacrificando la propria gioventù. Di fronte alla quale lui si vuole distaccare mandando all'aria il secondo matrimonio dopo essere rimasto vedovo della prima moglie dichiarando onestamente di non saper amare. Tutti lo sanno tranne le sue donne che si ostinano a volerlo costi quel che costi, anche la perdita della dote. Ecco questo è il conto che non sanno fare e che per lui invece ha la priorità assoluta per cui su questo fraintendimento si snoda tutto il dramma fino al tragico epilogo di lui che si spara un colpo alla testa riconoscendo di essere un uomo cattivo ma intellettualmente onesto, non sopportando di essere amato proprio per questa sua virtù riconoscendo che l'onestà intellettuale non paga. Ci mancherebbe dopo che a  pagare sono sempre le donne.


Non sono solo la moghlie, l'amante e la suocera che in questo dramma devono pagare perchè anche la signorina di buona famiglia Marfa (Ilaria Falini) curiosamente sempre vestita come una cocotte, con la sua dote vorrebbe comprare il titolo di contessa da un vecchio zio Conte Sabel (Nicola Pannelli) disposto a fare “la ridicola follia”  fino a quando non potendone più della stupidità della sua aspirante sposa, non le dà uno schiaffo facendole aprire gli occhi sulla tragica farsa.
La quale ben presto si traduce in tragedia con la morte suicida (un colpo di pistola) di Ivanov che cade a fagiolo su un mondo eccitato e confuso senza alcun punto di riferimento che non siano i rubli di famiglie che vivono nell'ozio annoiandosi per non aver nulla da dire e che non  trovano, nemmeno  davanti a cambiali in scadenza, uno sprazzo di lucidità per cogliere l'attimo fuggente recitato da quel detto che a pagare e a morire c'è sempre tempo. Ma non a perdere l'onore.e trovare finalmente il rispetto di questa bella società.
Molto bravi tutti gli interpreti tra i quali ovviamente spicca la giovanissima  Sasha (Valeria Angelozzi) curiosamente vestita come una cavallerizza con una chioma rossa a treccia fiammeggiante quando si presenta alla casa di Ivanov che ancor più curiosamente non si sente uno stallone. Come dice Nietstzche la maggior parte dei rapporti sentimentali si basano sul fraintendimento. Giustissimo. Applausi per tutti e ...orchestrina con pianoforte e batteria a chiudere alla Birdman!