venerdì 29 novembre 2013

LA PRIMA VOLTA DI BOLLE A PARMA DANZA


 Rudolf Nureyev, il ballerino tartaro che l’Europa aveva adottato, le signore se lo mangiavano con gli occhi.
Magico,folle, geniale, sublime ma anche tanto carnale.
Gli occhi erano puntati tutti lì, fra il costumino a perizoma imprigionato nella calzamaglia ad effetto volume che faceva dell’aggraziato ballerino un animale da palcoscenico.
Grandissimo Nureyev, talmente grande da mettere in secondo piano “le prime ballerine” a nome Margot Fontayn e Carla Fracci.


E Roberto Bolle, ammirato nel Don Chisciotte al Teatro Regio di Parma per Parma Danza 2003 mese di Dicembre, è sicuramente il suo erede.
Un corpo perfetto, scultoreo, in una calzamaglia strizzata alla maniera di Nureyev, agile scattante e nel contempo tanto forte da sorreggere in alto nel pas de deux la Dulcinea Marta Romagna, l’étoile dalla pelle di luna, per 30 secondi con una sola mano.
Un portamento da vero principe: bello come un Dio.
Wow wow wow! Le ragazze non finivano di applaudire.
Rose e fiori sparsi dappertutto. Un Don Chisciotte entusiasmante, andante veloce con brio fino alla fine.
Costumi e scenografia in un divertissement fra fandango e boleri che erano una festa per gli occhi.
Le ballerine col tutù hanno incantato: la Scala era fra noi.
E se il teatro della Scala è l’ombelico del mondo, il Regio è il gioello che lo ricopre. Un trionfo!
Poi ci sono state tante rappresentazioni fino all'addio finale di alcuni anni fa, con il quale si è congedato per sempre dal Teatro Regio a causa di Pecunia non Ole.
Olè!. Infatti poi al Regio è sbarcato Michael Barishnicov. Mito scaccia mito!


sabato 23 novembre 2013

BALLETTO NAZIONALE DELLA CINA


In verde smeraldo, giallo ocra e rosso lacca, “le signore concubine” danzano intorno al loro signore marito-padrone.
Prima signora, seconda signora, terza signora….così venivano chiamate nel film “Lanterne Rosse” che abbiamo visto riproposto al Teatro Regio per l’evento Festival Internazionale Parma Danza 2003, aperto nel mese di novembre con il Balletto Nazionale della Cina.
Leggiadre, sinuose, delicate e sottili, le ballerine hanno danzato sulle punte con tecniche perfette, all’occidentale, insieme ad un folto gruppo di ballerini maschi che piroettavano nei pas de deux fra paraventi, bandierine, lanterne rosse, ventagli e in divertissement avvolti nei costumi con maniche sventolate come stendardi, simulando un inquietante accoppiamento-violenza di “prima Notte” con le mitiche “ombre cinesi”.
A passo di musica classica, alternata a quella tradizionale cinese arricchita dai suoni gutturali, l’opera ha catturato l’attenzione emozio9nando gli spettatori con una storia tragica danzata con grande pathos.
Diceva Liliana Cosi, tornando da un corso di danza in Russia :”I Russi mi hanno insegnato a danzare con l’anima”.
Devono averlo insegnato anche ai cinesi, perché in questo balletto “Lanterne Rosse” l’anima è donata con grande generosità.
Infatti è piaciuto molto più del distaccamento Femminile Rosso, un balletto ideato in piena rivoluzione culturale, che i cinesi interpretano con stile perfetto, con tanti trionfalismi da parata militare alla maniera russa “Io Ti Spiezzo in Due”, ma senza passione così come prevede 2l’amicizia”.
In Lanterne Rosse invece troviamo l’anima della Cina: la sua cultura, le sue tradizioni “liberamente” rivisitate – dopo l’era Mao Tze Tung e i Carri Armati in Piazza TienAnMen – con le tecniche ed i ritmi occidentali in un mix originale, di grande effetto scenico e visivo con effetti speciali sorprendenti.
Da menzionare il temporale del Distaccamento Femminile Rosso, una pioggia torrenziale fra lampi e tuoni che sembravano vero, con la nevicata finale di Lanterne Rosse, e in sottofondo la colonna sonora dell’omonimo film
Un motivo a suon battente che accompagnava il rito dell’accensione della Lanterna Rossa posta davanti alla 2dependence” della moglie-concubina scelta per la notte: Ta-ta-ta-ta-ta-ta-tataaa…Ta.Tà.
Tanti minuti di lunghi applausi ci hanno congedato da questo spettacolo curioso e interessante che ci aperto ancora di più a un mondo ancora misterioso come la Cina.
Ma ora la Cina è Vicina



mercoledì 20 novembre 2013

CON MY FAIR LADY IL MITO DI PIGMALIONEI


  Vorrei danzar con te
la notte e il dì così e stringerti a me
Vorrei cantar con te
Vorrei sognar con te
perchè sei tu l'amor...
My Fair Lady in scena  al teatro Regio di Parma nella serata di Sabato 21 novembre 2009, con l'allestimento e regia di Corrado Abbati.
Lo spettacolo è fedele al testo e alla versione cinematografica, quella fastosa Hollywoodiana con Audrey Hepburn e Rex Harrison. Quest'ultimo l'aveva portata con successo anche in teatro insieme a Julie Andrews.
Il musical è tratto dall’opera di George Bernard Shaw dopo che gli eredi avevano lasciato i dirittti di produzione per opere cinematografiche a Gabriel Pascal che aveva tradotto in film anche Cesare e Cleopatra facendone un evento con Marlon Brando.
Se le scenografie erano un po' troppo scarne in compenso i costumi erano fastosi in un  tripudio di colori dal bronzo, al rubino per passare anche dal viola con spolveratine di pailettes a tutto argento, accessoriati con svarowsky luccicanti  nei diademi e colliers nelle scene a Corte e in Bianco e Nero adornati da cappelli fiocchi e nastrini (Ispirati al film di Audrey Hepburn) nella scena delle corse dei cavalli.
.Ma la magia era sprigionata dalle canzoni dove spiccava la protagonista con una voce bellissima che passava dallo squillante al corposo come una cantante jazz.
 La storia è nota: una fioraia rozza viene raccolta da un gentlemen inglese scorbutico ed egoista, il professor Higgins (Carlo Monopoli) che in pochi mesi riesce a trasformare per scommessa con il Colonnello Pickering (Fabrizio Macciantelli) che si assume gli oneri delle spese,  la grezza fioraia riuscendo a portarla tutta ben vestita alle corse, dove c'è una scena nella quale lei fra tutte le nobildonne, incalza il cavallo vincente con una esclamazione: "Dai dai forza, ma ti sta cascando il culo?"mettendo tutti quanti in imbarazzo, professore compreso che pensa sconsolato di non riuscire nell'intento di farla diventare una grand dama per portarla a Corte.
Un quadretto questo che abbiamo visto riportato anche in Pretty Woman, quando anche Julia Roberts e Richard Gere vanno alle corse con lei tutta vestita di marrone a pois bianchi che incita il cavallo in maniera rozza, mettendo a disagio i presenti.
Il Finale è a lieto fine è ovvio, come ogni favola che si rispetti dove, dopo un tira e molla, ti lascio e me ne vado,
finalmente il rude e scorbutico di turno, soddisfatto del suo ruolo di pigmalione, si riprende la ragazza che considera una sua proprietà avendola perdippiù anche pagata con 5 sterline quelle versate dal professore al padre, per Eliza, e qualche migliaia di dollari da Gere per Julia, quale prostituta..
 Pagati volentieri dai loro consumati  pigmalioni, trovandosi alla fine bella e pronta una meravigliosa creatura della serie "Attenta che io ti ho fatto e ti posso anche distruggere", in grado di soddisfare in pieno ogni delirio di onnipotenza.
Ma questo messaggio arriva dopo “alle my Fair Ladies perché mentre è in corso la favola abbracciano felici e contente lo scopritore di talenti, sicuro che durerà per sempre come un grande amore.
Ma se con la fioraia il finale è chiaro e forte quando il prof. Le dice affettuosamente: “E adesso portami le pantofole”, nominandola governante a tempo pieno nonostante lei gliele abbia cantate con una romanza: “La vedrai prof. Higgins, la vedrai…”, in Pretty Woman è più inquietante perché finisce in gloria con la sigla Pretty Woman nominandola così a tempo pieno per un ci ci dò che ci dò incessante in un dejavue infinito con repliche e bis…E mica a gratis anche se solo ed esclusivamente performance per "Richard Gere" che continua così nel suo percorso di masturbazione perversa al grido di...e io Pago! Ma mi faccia il piacere….Già fatto?

     

sabato 16 novembre 2013

LUNGS, LA PAURA DI CRESCERE

 Lungs è in scena a Teatro Due di Parma fino al 30 novembre.
Da vedere perché vale il biglietto. E non è poco in questi tempi di crisi globale.
Crisi nel settore agricolo (dove mancano le braccia), come in quello dei teatri (dove attori sono più numerosi che spettatori), la crisi è il leit motiv che accompagna il dialogo di Lungs (polmoni): un grande respiro facendo un pieno di micro polveri del nostro Pianeta quali terrorismo, clima impazzito, instabilità politica, per poi espellerli in un privato vissuto a ritmo cardiopalmico fra masturbazioni mentali per decidere se fare o no UN BAMBINO.
Ma non sono sposati! Tanto per citare The Queen a Buckyngham Palace ultimo baluardo della
coppia tradizionale intesa come sposa che entra in Chiesa senza il pancione.
Passi sul fatto della verginità perché quello che conta è la mentale, ma il pancione no: a Buckyngham Palace ancora non si è visto.
Non come a Montecarlo dove Charlotte esibisce un pancione senza esser regolarmente maritata. Ma la principessina non fa testo perché Monaco resta così un paese da operetta.
Una coppia a modo deve sposarsi  per interesse perché se lo fa per amore non deve ricorrere al matrimonio riparatore.  I tempi cambiano, ma l’amore assoluto no. Ed è sempre quello che si recita all’opera. Mica all’Operetta.
A Teatro c’è una via di mezzo che ha fatto centro. Infatti con Lungs viene recitata da due bravissimi attori giovani e dinamici come Sara Putignano e Davide Gagliardini per la regia di Massimiliano Farau.
La coppia formata da due ragazzi conviventi si mette a discutere se fare un figlio oppure no
al quale offrire, in caso affermativo, tutto un Pianeta in decadenza. Il discorso è ampliato rivolto all’Universo ma su un piano d’Infinito, nel senso che risulta essere un dialogo senza fine, senza un attimo di respiro, per sognare per poterti dire a gran respiro, t’amo mio bove.
Infatti appena lei si lascia andare, al bove, ecco che rimane incinta.
Quanti discorsi buttati all’aria a pieni polmoni! Ma la natura interviene per fare il suo corso facendoli accoppiare di brutto senza pensare in un momento di euforia.Un percorso a metà a dire il vero perché la gravidanza non è portata a termine stante aborto spontaneo. Anche la natura ha un limite alla pazienza su una gravidanza logorroica di due giovani sempre indecisi sul da farsi.
Il botto è grande e mentre lei si ritira a leccarsi le ferite, lui farfalleggia in ufficio con altre partner mettendo in evidenza due modi di concepire la vita in solitudine di coppia lasciando tutto il peso della sconfitta sulle spalle della partner che per la prima volta sente la responsabilità di essere donna intesa come madre: madre del nascituro, madre del compagno, madre del padre anziano nel frattempo andato a morire, madre della madre diventata vedova.
Non è madre natura ma l’archetipo della  Grande Madre. “Non voglio principessine, né bambini con la pistola ad acqua…” dice infatti nel suo eloquio perchè La Grande Madre era già in abbozzo ben lungi dall’esser madre natura poiché  essa è matrigna.
A volte anche benevola.  Infatti lei rimane incinta per la seconda volta casualmente, quando lui è in proncinto di sposarsi con un’altra. Ma il bambino farà il miracolo di riunirli in coppia prima, e matrimonio riparatore dopo.
Alla faccia di The Queen vivranno felici e contenti, la loro favola, fino all’ultimo respiro. Di lui. Un fiore sulla tomba e finalmente quel grido d’amore sempre soffocato dentro (per una sorta di pudore da conservare in un angolo buio per dare spazio al rapporto intelligente sempre sotto controllo): “Ti amo”.  Per sempre, assolutamente sì.
Bellissimo spettacolo che ha tolto il fiato perché seguito in religioso silenzio,senza un attimo di distrazione per non perdere una sola parola di un testo avvincente fino all’ultima battuta
Applausi a non finire perché anche all’uscita i consensi di soddisfazione continuavano all’unanimità.


Sono le facce in uscita che dicono tutto di uno spettacolo, senza bisogno di uno scambio di opinioni.

MARIO BIONDI AL TEATRO REGIO


“Questo è il Regio, bellezza!”
“Jaaaazzzz!2
Ricordate?...Richard  Gere, Catherine Zeta Jones, Renée Zellweger?
Parma come Chicago la capital del jazz. Sissignori perché dal Teatro Regio nel febbraio 2008 è partito il primo Tour Mondiale di Mario Biondi il soulman italiano, voce rivelazione e fenomeno di successo del 2007, ormai conosciuto in tutto il mondo  con  concerti a Tokyo, una Tournée negli States e un importante riconoscimento brittannico).
Un pubblico variegato con giovani in jeans o mini a gi-go, e persone mature in abito da sera, ha accolto con un’ovazione l’apparizione del cantante sul palcoscenico del Regio, alla terza esibizione di Sabato 2 febbraio.
Ad aprire una scenografia ad effetti speciali con immagini proiettate su pannelli di tulle calati a spazi intermediali con disegni grafici e dinamici: geometrie e ritratti del cantante in primo piano e a figura intera in corsa fra grappoli di orologi, a scandire il tempo di tutte le fasce del globo.
Perché è proprio dal tempo che l’artista Mario Biondi si sente toccato. Un tempo che vorrebbe controllare per farlo aumentare nei momenti di piacere e diminuire in quelli di disagio.
Un tempo inteso come relatività ma soprattutto come ritmo, ritmo ritmo….!scandito come i secondi di un orologio per poi vivacizzarlo a velocità giocando con la voce a cavallo delle note ondeggianti tra basso e contrabbasso, per poi finire in alto a sfrecciare con gli acuti.
Allineati:
-alla sua destra tromba Giovanni Amato, sax Daniele Scannapieco, alla sinistra basso Celestino Andrea, percussioni Luca Florian e batteria Nicola Agelucci;
-nello spazio intermedio gli archi viola violino violoncello, la chitarra Drogo Davide e la tastiera Andre Bertorelli;
-nel fondale al pianoforte Paolo di Sabatino e coro;
signori, ecco la Duke orchestra.
E poi lui, Mario Biondi, che apre con una voce forgiata con lo stile Black music, calda, bassa e possente fino ad arrivar a far vibrare le casse toraciche degli spettatori.
Dalla platea il pubblico accenna qualche mossa per seguire il ritmo accompagnato anche dalle mani e con tanti wow wow wow!
Alcuni commenti ad alta voce rallegrano Biondi e la platea: “Per fortuna che ci sei…Ti amo fratello…Ma dov’eri prima, Mario?”
E lui era proprio qui fra noi a Parma dove dalla Sicilia si era insediato da diversi anni esibendosi in tutta Italia fra Piano-Bar e locali esclusivi. Perché la sua musica era considerata una musica di nicchia.
Sì, ma talmente grande da sconfinare nella popolarità internazionale compiendosi così il destino di ogni artista originale.
Un grande, con una voce unica in un mix fra Barry White e Frank Sinatra,J Love You More Live è il titolo del concerto, che dà inizio al Tour 2008, arricchito dalla presenza dei Neri Per Caso con il quale Mario Biondi si è unito in coro, duettando poi con le voci delle sue coriste e dialogando con la tromba di una di esse (Cristina Polegri,Wendy D.Lewis e Vahimiti Cenci).
Uno spettacolo intenso, avvolto in un’atmosfera di rara eleganza e compostezza che contrasta con la vivacità e lo sprint delle esecuzioni degli artisti, il quale va sicuramente annoverato fra le composizioni artistiche più elevate e di qualità della musica leggera.
E, dunque, giustamente collocato e “battezzato” nel Tempio del Teatro Regio.
Perché: “…questa è musica, bellezza!”
“Jaaaazzzz!”              

martedì 12 novembre 2013

COSI' E' SE VI PARE


Quando il Paese è piccolo la gente mormora. Ma anche quando è grande perché spettegola globalmente davanti al p.c.
In Così è Se Vi Pare a Teatro Due di Parma dall’1 al 3 novembre, la gente chiacchiera davanti alla Tv scoppiata e fatta a pezzi, per cui non resta che raccogliersi seduti sul divano in un salotto non propriamente buono a spiare e commentare il vicinato.
Come una volta dove nei piccoli Paesi le vecchie e i ragazzi si riunivano seduti sulla porta per osservare il passeggio delle famiglie vestite a festa la domenica o quelli che tornavano dal lavoro nei campi in bicicletta nei giorni feriali.
Gli uomini traballavan sul sellino stante la puntatina d’obbligo all’osteria mentre le donne con le mani callose ed il fazzoletto in testa pedalavano in tutta fretta per preparar la cena alla famiglia. Questo avveniva al nord dove le donne hanno sempre preso parte attiva nel lavoro alla pari degli uomini anche se penalizzate un filo nella busta paga. Ma questo è un problema a tutt’oggi irrisolto.
Ad ogni modo Nord e Sud sono sempre stati accomunati nelle chiacchiere di Paese, mentre in città c’erano quelle di condominio dove qualcuno era, ed è  anche fortunato di trovare coinquilini che più che buongiorno e buonasera non lo scambino, anche se  a volte capita, a finestre aperte d’estate, di osservare involontariamente  quanto avviene intorno sperando che non ci sia un assassino come In Finestra Sul Cortile, Misterioso Omicidio a Manhattan oppure Scoop, dove  i vicini si trasformano in dectetive-fai-da te per smascherare il colpevole e consegnarlo alla giustizia.
E’ quanto si vorrebbe che avvenisse in Così e’ se Vi Pare di Luigi Pirandello, una commedia incentrata sull’invadenza dei vicini i quali, pur di andare in fondo alle loro supposizioni di dectetive improvvisati, chiamano il Prefetto per costringere le persone fatte oggetto del loro pettegolezzo di spiegare il comportamento anomalo (constatato dal fatto che il genero interloquisce con la suocera del piano di sotto, al posto della moglie chiusa in casa) mettendo a nudo i loro sentimenti. Per valutarli.
Come se si potessero valutare i sentimenti di una persona!
La verità fa male, canticchia uno dei protagonisti.  Ci voleva anche S.Remo e Caterina Caselli a dare un tocco di grottesco al testo Pirandelliano di una commedia che già di sua è grottesca.
Infatti gli attori con tutta la buona volontà non riescono a farci ride’ se non vestendo panni caricaturali come nelle comiche di Ridolini con il bastone del cieco che volteggia in aria o gli scatti nevrotici del ragazzino “checo” attorniati da amici e parenti in fregola per sapere la verità dei tre vicini. Le verità sono dunque tre, una per ciascuno dei personaggi chiamati in causa: il primo nell’affermare che il genero è pazzo, il secondo per ribadire che ad essere pazza sia la suocera, il terzo per confermare di essere esattamente come dicono marito e suocera. Insomma qual è la verità?
Risata finale e  Da-da- umpà delle Gemelle Kessler come musichetta di chiusura.
Applausi applausi applausi: gli attori sono usciti tre o quattro volte per raccogliere gli applausi a scroscio.
Finalmente la commedia è finita: gli amici se ne vanno, che inutile serata… non tanto per l’allestimento scenico da carcasse di food valley e la regia caleidoscopica di Alessandro Averone in una sorta di pout pourri fra sorrisi e canzoni, quanto per il messaggio un filo deprimente per ribadire quanto il pettegolezzo (spesso tradotto in calunnia) da Paese piccolo sia a tutt’oggi molto diffuso e praticato.

MARIA CALLAS CASTA DIVA IN SVAROWSKY


Con la Tosca di Giacomo Puccini chiude la stagione Lirica 2009 del Teatro Regio di Parma
per poi finire all’evento Parma Danza nel mese di maggio.

E come non ricordare la versione della Tosca cantata da Maria Callas che viene ricordata anche per i preziosi gioielli con cui si adornava nei costumi di scena?.
Tutti diversi fra loro perché ogni volta se li faceva disegnare appositamente impreziositi dai mitici Svarowsky che abbiamo potuto ammirare anche in occasione di una mostra allestita proprio nel ridotto del Teatro Regio.
Bellissimi diademi, parure di collane e orecchini che aveva indossato oltre che per la Tosca anche per la Norma diVincenzo Bellini in tutti i teatri del mondo.
Per chi non ne fosse a conoscenza Maria Callas si era esibita anche a Parma, esattamente nel 1951, nel ruolo di Violetta della Traviata di Giuseppe Verdi (v.foto scattata nel camerino del teatro e in un Hotel) quando era nel massimo splendore, con una voce che incantava le platee.


Maria Callas allora portava ancora il nome di Meneghini suo-marito-manager che le procurava le scritture prima che Aristotele Onassis si affacciasse all’o
rizzonte rovinandole la carriera e poi la vita.
Resta un mistero di come una star del suo calibro, osannata e acclamata in tutto il mondo si fosse abbassata al livello basso di Onassis.
Vabbè che con Meneghini non c’era stata consumazione perché, come assicura l’amico Franco Zeffirelli, lei era entrata come una casta diva nel lettone di Aristotele sul panfilo Cristina (che non ha portato fortuna a nessuna donna che vi ha messo piede, da Tina prima moglie, a Jaqueline Kennedy seconda passsando dall’amante Maria Callas fino ai figli di Onassis Cristina e Alessandro) ma una via di mezzo poteva pur esserci.
Impossibile per una Divina come Maria Callas dove tutto era nero o bianco, senza alcuna sfumatura tanto da lasciarsi andare fino a morire per il dolore della sua perdita.

Come un’eroina dei suoi drammi, capace di amare in maniera totale e devastante.
Aveva cinquant’anni ma era rimasta una fanciulla, morendo silenziosamente come una Casta Diva, o ancora meglio come una Tosca la cui romanza recita: “…vissi solo d’arte e d’amor…”
Ed è caro agli Dei chi muore giovane.
Lei sarà sempre la Divina anche dopo aver chiuso il sipario sulla sua vita.

                                  LA TRAVIATA

(di Francesco Maria Piave) Musica di Giuseppe Verdi
Rappresentazioni: 30 Dicembre 1951, 3, 4 e 9 Gennaio 1952
Interpreti: Maria Meneghini Callas (30.12) e Fiorella Carmen Forti (Violetta); Ebe Ticozzi, Maria Varetti (4.1) e Gabriella Galli (9.1) (Flora); Maria Varetti e Sandra Nenni (4.1) (Annina); Arrigo Pola e Gianni Raimondi (9.1) (Alfredo); Ugo Savarese e Walter Monachesi (4 e 9.1) (Giorgio Germont); Vittorio Pandano (Gastone); Camillo Righini (Barone Douphol); Enzo Cecchetelli (Marchese d'Obigny); Aristide Baracchi (Dottor Grenvill). Prima Ballerina: Anna Maria Bruno.
Maestro Direttore: Oliviero De Fabritiis. Regista: Riccardo Moresco. Maestro del coro: Gianni Lazzari.
Scene: Ercole Sormani.
Costumi: Casa d'Arte Imperia.
Impresa: Cittàdi Parma - Teatro Regio.
Altri interpreti: Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma.

lunedì 11 novembre 2013

A CINDERELLA STORY

Un quadrato con sfondo nero via via sfumato nei toni dal grigio scuro a quello chiaro per arrivare ad un colpo di luce bianca che illumina anche la platea.
Con questa scenografia minimal per mettere in risalto le emozioni, il Teatro Regio di Parma ha aperto la rassegna danza 2007 con, a Cynderella Story, la favola di Cenerentola rivisitata in chiave moderna dall’Hamburg Ballet con la coreografia di John Naumeier il quale dice di essersi ispirato a Shakespeare con l’opera di Amleto.
Infatti Cenerentola persa la madre, dialoga con lei che l’affianca nei momenti di abbandono  della vita, soprattutto quando si sente tradita dal padre che va a nozze mentre “il cibo preparato per il banchetto funebre è stato servito per risparmiare sulle tavole delle nozze”.
Silvia Azzoni nata a Torino e dal 2001 prima ballerina, dà corpo a una Cenerentola eterea minuta e fragile come una porcellana ma al tempo stesso piena di temperamento.
La sua Cindy non è affatto umile e servizievole nel ruolo di servetta nella quale l’hanno relegata la matrigna e le sollellastre, ma una ragazza ribelle dispettosa e piena di8 scatti aggressivi che non disdegna atti plateali come quello di sbattere il vassoio pieno di calici per terra.
La perfezione delle movenze accompagnate da una capacità interpretativa fuori dal comune mettono a fuoco la personalità di una ragazza dei giorni nostri in una storia danzata a tutto campo.
Con le movenze rigide dei mimi quando Cenerentola è in servizio, a quelle vivavci e gioiose negli intervalli in complicità con il padre, per passare al repertorio classico romantico e sentimentale quando si trova immersa nei suoi sogni o in pas de deux con il principe, si attraversa la fiaba, senza fatine biribò biribù, che di incantato ha solo un albero con tanti uccellini.
E’ l’albero della vita che cresce sulla tomba della madre man mano che la storia si dipana a significar che dopo la morte nasce sempre una nuova vita.
E la vita di una Cenerentola moderna è normale, anzi normalissima anche quando incontra il principe. Alexandre Riabko al gran ballo, con abito da sera e scarpette d’oro, che lei lascia solo alla festa sentendosi estranea a quell’ambiente.
Perché lei, tutt’altro che principessa, è una fresca ragazza di campagna.
Per fortuna che anche il principe non si sente tale, avendo un animo d’artista amante della natura, dilettandosi nella pittura e rifuggendo la vita di corte.
Così i due ragazzi in perfetta sintonia (sono anche marito e moglie nella vita) si incontrano in un prato all’ombra dell’albero cresciuto, iniziando la loro danza dell’amore, quale preludio per una vita non da favola ma con due cuori e la natura.
Applausi per tutti: davvero bravi tanti ballerini in scena impegnati sia nei personaggi della storia con il padre, Lloyd Riggins, la matrigna intraprendente Joelle Boulogne, le pepatissime e briose sorellastre Carolina Aguero ed Hélèn Bouchet, che in quelli di fantasia che hanno dato vita a un corpo di ballo piroettante a figure caleidoscopiche formante quartetti assolo e abbracci corali.
Tutti insieme appassionatamente  a fare cerchio, alla fine, intorno a lui John Neumeier il coreografo un tempo ballerino che, per la statuaria bellezza in America veniva osannato come un Roberto Bolle. Bellissimo e geniale,la sua ultima opera è stata un'acclamata Lady of The Camellias in una versione con  con Roberto Bolle, appunto.
                   

mercoledì 6 novembre 2013

TURANDOT EROTICA DOMINATRICE



 “Vincerò, Vincerò….!” Detto e fatto. Il Regio ha consacrato un nuovo tenore (a dirla tutta, l’esibizione della prova generale è stata quella superba) in grado di emergere sulla scena mondiale.
Nei panni di Calaf nella Turandot in scena al Teatro Regio la sera del 22 febbraio 2007, il tenore Marco Berni ha esteso la sua voce possente facendo tremare tutte  le lanterne rosse della messa in scena curata in collaborazione con la Royal Opera House Convent Garden di Londra, nella maniera più tradizionale. Come si conviene. Diciamolo.
Piace vedere gli scenari ispirati ai disegni e alle pitture dei vasi cinesi del periodo ming: colori forti e vivaci, laccati in rosso papavero, giallo limone, blu elettrico e bianco-oro-argento che fluttuano fra drappeggi, ventagli, maschere, draghi, pagode, colpi di gong e spade sibillanti ad accompagnar la danza di corte tra mandarini, maestri di cerimonie, ancelle e concubile.
E’ la Cina che tutti abbiamo impresso nell’immaginario, la cui culura misteriosa non siamo ancora riusciti a comprendere in pieno.
E infatti è proprio il mistero il filo conduttore di tutta l’opera con tutti i suoi enigmi da decifrare per poi arrivare alla soluzione più banale e naturale, che si chiama amore.
Così assistiamo ad un lungo preludio di schermaglie mentali che culminano nel sado-maso con la morte suicida della piccola Liù, a far da sfondo nel tragico connubio di eros e tanathos al complicato rapporto fra la frigida principessa Turandot ed il caldo ed impetuoso principe Calaf, per arrivare all’orgasmo finale con un appassionato bacio introdotto nella fremente bocca della principessa apertasi arrendevolmente nel pronunciare la parola amore.
E il mistero dell’amore così si scioglie in pochi attimi per dare linfa alla nuova vita di coppia felice e contenta.
Applausi calorosi ed ovazioni anche per la soprano Andrea Gruber nei panni di Turandot di cui è stata ammirata anche la notevole fisicità ad esaltare il carattere imperioso ed autoritario della principessa frigidaire e di Valentina Farcas in quella di Liù (incinta di otto mesi: un particolare che ha contribuito ad accentuare la dolcezza e l’empatia con il pubblico).
Tutto perfetto, anche se un unico appunto si potrebbe fare alle acconciature, perché lasciate andare a chioma sciolta, a tutto extentions e in maniera selvaggia privandoci di quellla delizia dei bellissimi intrecci fra nodi e ciuffetti ornati di ciondoli a grappoli rappresentanti le mitiche acconciature da celeste impero.
Che comunque avrebbero evitato, stante i capelli sciolti su vestaglia a Kimono, l’effetto mise da camera da letto.
Un’inezia che non incide nella complessità di tutto l’allestimento apprezzato all’unanimità, visto i consensi entusiasti e favorevoli che venivano espressi nel foyer. A cui vanno aggiunte numerose anche le critiche positive per tutto il programma finora svolto con tre opere ad altissimo livello, per cui l’attesa per il prossimo Otello di GiuseppeVerdi è ancora più sentita sperando che soddisfi le aspettative di una stagione tutta da ricordare.
Intanto ricordiamo tutto il cast: in primis, il parmigiano Marco Spotti nei panni di Timur, Max René Casotti in quelli di Altoum, Fabio Maria Capitanucci, Gianluca Floris e Mauro Buffoli in quelli di Ping Pang Pong. Armando Garba Mauro Buffoli Azusa Kubo e Maria Chiara Pizzoli, rispettivamente mandarino, Re di Persia e due ancelle.
Orchestra e Coro del Teatro Regio diretto da Donato Renzetti, quello delle voci bianche dirette da Sebastiano Ralli. Regia Andrej Serban. Compagnia del Balletto di Roma, per le danze orientaleggianti.
E un lungo applauso al sovrintendente Mauro Meli per il talento raro ed eccezionale di stupire.

         
Nessun Dorma da Turandot cantata da Luciano Pavarotti.nel 2007 a Parigi

domenica 3 novembre 2013

IN COMPAGNIA DEI GGGGIOVANI

Parlando di gggiovani sul filo del Corriere di oggi, mi torna alla memoria la Compagnia dei Giovani fondata

da Romolo Valli con Rossella Falk Anna Maria Guarnieri ed Umberto Orsini che si è sciolta con la
morte di Valli al quale è stato dedicato un teatro a Reggio Emilia.
La compagnia non ha mai avuto un teatro stabile a proporre le commedie
spocchiose della piccola società borghese degli autori italiani con Pirandelloin testa. 
Il loro cavallo di battaglia era infatti Sei personaggi in cerca di autore, ma più che autore evidentemente cercavano un Teatro che per questioni
politiche non è mai stato loro donato. Era il tempo dei sinistrorsi alla Fo che faceva sempre coppia  con France Rame o alla Carmelo Bene con Manuela Kusterman sempre nuda sul palco. Facevan tutti molto sinistra quella che a tutt'oggi i sinistrorsi
vogliono rinnegare. Eppure c'era fermento sia a sinistra che al Centro. La destra era off solo di pertinenza della politica estrema.
La cosa curiosa è che nessuno di loro ha lasciato eredi. Questo è da imputare al fatto
che non erano giovani purtroppo ma tutti di età matura. Giusta comunque per
un Teatro perchè li si guardava da lontano ascoltando solo le loro recite di
attori di razza. Un conto è leggere scrivere ascoltare...che accende la
fantasia, un altro è l'immagine che non sempre è in sintonia con l'autore o l'attore rompendo l'incantesimo del testo d'eccellenza. Infatti Rossella Falk si è data al cinema e alla Tv nella quale le hanno sempre offerto ruoli di
donna arcigna e di carattere perchè aveva una faccia spigolosa che a Teatro invece lei ha sempre tradotto come attrice di classe. 
Anna Maria Guarnieri invece ha trovato spazio in Tv, soprattutto grazie al clamoroso successo di Giulietta e Romeo portato in teatro con Giancarlo Giannini, mentre al cinema si è limitata a prestare la voce alla interprete Olivia Hussey indimenticata nel ruolo di Giulietta di Franco Zeffirelli.
Purtroppo la Compagnia ha
avuto breve durata nella quale gli attori si sono molto divertiti, così come ha
dichiarato la stessa Falk alla morte di Romolo Valli nelle varie tournées, dando in pasto al pubblico commedie pallosissime. Per i gggiovani ovviamente.