venerdì 20 dicembre 2013

RAGAZZE di Lella Costa


Tante ragazze ad applaudire Lella Costa

Lella Costa a Teatro Due nelle serate dal 10 al 12 Dicembre 2009 per lo spettacolo Ragazze Nelle Lande Scoperchiate del Fuori.    “Io canto le donne, il talento delle donne sperdutamente amate,
l’innocenza con cui puniscono per le cose mai avverate…la fatica, la leggerezza, il dolore, lo sgomento, la rabbia, i desideri, l’arme e gli amori (cortesie pochine temo), …la sorellanza che forse più inquieta della
fratellanza,…la violenza ahimè inevitabilmente; e l’inviolabilità, anche, possibilmente.”

Così inizia con Orfeo ed Euridice, ovvero come si sgretola un mitodotato di XFactor.
Quel “fattore” che fa di un Dio un uomo assolutamente sì. Quelfattore che, se manovrato con un eccesso di zelo, porta inevitabilmente a percorrere la via del dubbio dove la domanda sorge spontanea: “Ma
tu ci sei o ci fai?”. No, perché Orfeo non si sa se, sempre secondo Lella Costa e tutta
la schiera di ragazze in sala a seguirla con applausi scroscianti, girandosi in quell’attimo prima di uscire dall’Ade per emergere in superficie, lo abbia fatto apposta per lasciare la sua Euridice a riposare all’inferno.
Delitto Perfetto, perpetrato in un attimo: l’attimo fuggente appunto colto per creare il suo mito, rubando la scena alla sua donna nei secoli e millenni.
Chi avrebbe mai parlato di lui altrimenti? Sì perché non si spiegherebbe  tutta la messa in scena allestita da Orfeo per arrivare agli inferi superando ostacoli e problemi di ogni sorta per riprendersi soltanto la sua Euridice.
E’ ovvio che lo scopo non era lei in sé, ma il fatto di essere un Pioniere ed affermare la sua primarietà con delle gesta a riecheggiare nell’eternità. Il problema del maschio gira e rigira è sempre quello: arrivare primo.
E Orfeo nei confronti di Euridice lo era già stato in vita, ammettiamolo. Inutile accanirsi per la seconda volta: quella che Euridice non si scorderà mai insieme alla musica e alle canzonette che Orfeo le propinava in
continuazione.

Per fortuna nell’Ade ci si può immergere nell’oblìo dimenticando Orfeo supportata da una buona dose di compatimento nei suoi confronti.
Quel sentimento che accomuna tutte noi donne quando viviamo un rapporto di coppia in cui il maschio è deciso e determinato ad affermare la sua superiorità.
Come? Gingillandosi con quel giochino che si trova tra le gambe che manovra su e giù, oppure facendolo volteggiare a largo raggio per segnare il suo territorio. Poverino, specie quando si trova alle prese con la partner nei momenti in cui si applica a darle piacere, pur dubbioso nel riuscire perché a dargli la conferma è sempre lei, con la sua parola. Alla quale dovrebbe credere se non fosse per quel suo sguardo di compatimento che spesso le si legge in volto.
Ma a rassicurare il maschio è corsa in aiuto anche la scienza, scoprendo il Punto G. E quì scoppia la risata di Lella Costa, sempre seguita in coro dalle “ragazze” presenti in sala pesando a lui che, credendo di aver risolto ogni “suo problema premendo un campanello”, si mette alla ricerca esplorando la cosina (ignorando completamente la delicata complessità) in modo distaccato, chiedendo lumi alla sua malcapitata:
“E’ qui…è quà… è là…?”fino ad arrivare a farle rispondere sconsolata:
“Sì tesoro l’hai trovata…Ahhhh!

L’importante è finire! Tanto per citare anche lei una canzone! Questa volta Lella Costa le ha cantate al maschio fuori dai denti. Un maschio che, oltre ad Orfeo potrebbe chiamarsi anche Narciso il quale, nei secoli a venire è riuscito a mettere in ombra la sua donna fino al periodo del romantico 1800 in cui scrittori e poeti cominciarono ad osservarla con uno sguardo buono esaltandola e onorandola per farla emergere dall’oscurità, così permettendole di arrivare alla pari per combattere a fianco dell’uomo. Al suo fianco, intendiamoci, senza cercare di prevaricarlo perché né l’uomo né il maschio “è disposto” a cedere il suo potere che gli conferisce la naturale primarietà fin da quando Adamo ed Eva erano nel paradiso terrestre.
E se la donna fosse nata prima? Questa è la domanda che cade dall’alto, quando Eva sta guardando l’albero delle mele prima… Prima di sentirsi rispondere:
 “Questo deve restare un segreto fra noi…ragazze".                



mercoledì 18 dicembre 2013

DALLA SCALA AL REGIO


La Scala di Milano ha aperto la stagione Lirica con la Traviata (Diana Damrau nella foto) della quale si è parlato molto perchè ha diviso il pubblico. Ne parlo ora perchè volevo ricollegarmi alla presenza di Carla Fracci fotografata nell'ingresso e nel foyer sempre e solo esclusivamente vestita di bianco.






Tempo fa sono andata al Teatro Regio di Parma per vedere un Gala di Danza con madrina proprio Carla Fracci molto acclamata dal pubblico la quale, dopo aver fatto un elogio funebre ad una sua ballerina del teatro di Roma i cui parenti hanno aperto una Fondazione, ha fatto parlare il signor marito.
Il Beppe in milanese aveva chiuso il discorso dicendo quanto fosse positiva quella donna lì.
Insomma...Vabbè lo spettacolo continua. Più che spettacolo direi un saggio scolastico perché se manca la scenografia la danza perde il suo fascino riducendosi a livello di ginnastica.
Personalmente non sopporto questi spettacoli che andrebbero bene allestiti per gli addetti ai lavori che devono fare una selezione per produzioni più fastose e professionali.
Son ben lontani i fasti dei galà di Bolle e della Zakarowa ma piuttosto che niente ci si può accontentare.



La Fracci ultimamente è diventata molto litigiosa perché ha attaccato prima l'ex sindaco Alemanno svergognandolo in pubblico per i tagli al Teatro e poi  Roberto Bolle con il quale ha avuto un battibecco da prime donne nel metterlo al suo posto in quanto troppo divo e poco talentuoso avendo bisogno di perfezionare la tecnica non perfetta.
Nessuno se ne è mai accorto ma la Fracci ha tenuto a precisarlo. Il Bolle comunque ce lo teniamo com’è, anzi ce lo tenevamo perché in America gli hanno fatto ponti d’oro ed ora lo possiamo andare a vedere al cinema perchè è in uscita con il Balletto di Notre Dame di Roland Petit.

Carla Fracci invece non danza più ed è strano perché per esempio Carolyn Carson ha ancora una presenza scenica notevole nonostante l’età non più giovane.
E poi che dire del duetto con Barishnicov di una ballerina anziana come lui ma agile e scattante come un fuscello? Poi c'era anche Pina Baush senza dimenticare la Luciana Savignano ancora molto sexy quando propone il Bolero di Ravel.
Comunque Carla Fracci ha fatto una polemica inutile che sembra più dettata da invidia e gelosia nei confronti di un bellissimo ballerino che non sopporta partner vecchie.
Certo Bolle è un filino isterico, non ha la classe di Nureyev che ancora giovanissimo faceva coppia sublime con Margot Fontayn molto più anziana di lui.


Carla Fracciè stata grande e non si dovrebbe demolire ma vederla  sempre vestita come una vestale della danza tutta in bianco avorio con collana di corallo con il marito accanto fa un po’ specie.
Si è troppo identificata nel mito di Giselle (che poche ballerine hanno saputo interpretare come lei, questo va detto) o tutte quelle eroine del balletto sulle punte con rigorosa scriminatura e crocchia dietro da sembrare più vecchina di quel che è in realtà.
Lei rappresenta la tradizione del balletto romantico e in tutù, quello classico che è sempre una gioia vedere ma poi tolti i panni si dovrebbe tornare alla realtà.
Con un bel tailleurino per esempio e una coda di cavallo se proprio non li vuol tagliare la ringiovanirebbe di sicuro. 
Anche un tubino con le calze nere per esempio che lei è tanto filiforme e porterebbe ancora bene.

Mia nonna anche lei aveva lunghissimi capelli che intrecciava per farsi lo chignon dietro ma quando se li è tagliati con un tocco di cachet argentato è ringiovanita.
Mia nonna era bellissima molto alta con occhi verdi un nasino piccolo ed un sorriso solare molto diversa dalla rigorosa e severa Carla Fracci.
Vabbè ma lei è una grande artista, ma mia nonna aveva un gran temperamento combattivo e generoso.

Io assomiglio nel temperamento e gusti a  tutte due le nonne perché quella paterna era invaghita del cinema e dello spettacolo come me. La domenica arrivava sola in Paese in carrozza accompagnata da un fattore per andare in sala cine nella quale spesso era accolta con dei fischi dai ragazzotti del paese perché lei si metteva in prima fila col cappello in testa (le donne a quel tempo non se lo potevano togliere nemmeno per andare a cena al ristorante).
Tutte due le mie nonne in casa comandavano loro: erano le classiche matriarche punto di riferimento di tutti i componenti la famiglia compresi fratelli single.

Tornando a Carla Fracci  penso si contraddica un filo perché fra i ballerini del Gala c'era anche Anbeta che proviene dalla Tv degli Amici di Maria.
A quel tempo la Fracci era intervenuta per criticare Anbeta troppo diva affermata prima ancora di avere imparato la danza classica perfettamente,  che richiede grandi sacrifici alla sbarra.
Adesso invece la Fracci la  presenta come grande ballerina.
Mi ricordo anche di Alice ballerina che aveva vinto ad Amici e subito scritturata per uno sceneggiato televisivo nel quale faceva la danza dei sette veli di Salomè con un risultato veramente imbarazzante.
Uno su mille ce la fa come dice Morandi. Infatti fra tutti quella ad aver lasciato il segno è Emma anche se Alessandra Amoroso è altrettanto brava. Ma Emma è stata anche aiutata dal vento del gossip di Belen che le ha portato fortuna con il pene d’amore del De Martino. Molto dotato se Belen si era così attaccata…
             
               LA TRAVIATA FRA TEATRO CINEMA E TV


http://ritaguandaliniteatro.blogspot.it/2013/10/la-traviata-fra-teatro-cinema-e-tv.html

IL BALLETTO CLASSICO E LE FAVOLE DARK


Le favole classiche hanno fatto il loro tempo perché vengono tutte tradotte in versione Dark o Gotiche  ritenute più al passo con i tempi tanto che perfino le favole di Walt Disney, ultimo baluardo dell’ingenuità infantile, vengono rivoltate come un guanto  come abbiamo visto con Biancaneve e il Cacciatore o Cappuccetto Rosso Sangue e ora con Hansel e Gretel e la Strega della Foresta Nera

dei Fratelli Grymm che tra poco sbarcherà al cinema in versione Horror.Da urlo.
Per i più piccini non tutto è perduto perché resistono le favole moderne che a Natale hanno sempre fatto il pieno mentre ora fanno ascolti in Tv, come il serial Mamma Ho Perso L’Aereo, Tata Matilda, Baby Birba o Penelope con una curiosa Cristina Ricci col naso da maialino a seguito di una maledizione che ovviamente riuscirà a sconfiggere come nelle più belle favole.
La curiosità consiste nel constatare come il Balletto classico, quello del Bolshoji e della Scala in primis siano stati fagocitati dal cinema che dopo la prova dello Schiaccianoci dello scorso anno con pochi spettatori in sala a dire il vero, continua questa fase sperimentale prima di sbarcare, si spera, in TV così come abbiamo visto in diretta con Raymonda dal Teatro alla Scala di Milano su Rai 5.
Purtroppo, anche a Teatro la Danza sembra sia rimasta alla fase sperimentale con saggi delle Scuole che mettono in scena le loro Stelle Nascenti così come abbiamo visto al teatro Regio di Parma in un Galà che non andava oltre il carino, dopo che la stagione Parma Danza 2013 aveva dato soddisfazioni a livello di gradimento.
Ma le grandi star preferiscono grandi cachet per cui Parma Danza è stata abolita dal prossimo Cartellone del Teatro Regio che ha messo in scaletta tante opere che non siano di Giuseppe Verdi da relegare al Verdi Festival anche se l’evento è a rischio chiusura.

Non si sa perché visto che nella scorsa stagione ha fatto pareggiare i conti del Teatro Regio. Come dire sbattiamoci le uova della gallina d’oro ad effetto  tsunami nei denti. L’importante che i bambini imparino l’opera!

lunedì 16 dicembre 2013

FEMMINICIDIO COME NUOVA TENDENZA


Si parla molto di femminicidio. Sembra quasi una moda. Sì perché ha sostituito quella del filone delle madri cattive, aperto da Anna Maria Franzoni. Filone perché ha reso in termini di audience e di spot a tanti talk show e criminologi invitati.
La cronaca nera va e la tendenza autunno inverno è quella del femminicidio che trova eco sui palchi del nostro Paese a denunciare fatti e misfatti di mostri domestici e membri al vertice di aziende scritti dall’autrice Serena Dandini.

La quale dopo aver riso sulla sinistra si cimenta sui sinistri del crimine. In modo leggero con qualche battuta di coda per vincere il rush finale dopo che le vittime sono state Ferite a Morte. Morte violenta in una commedia tragicomica a disco-dance. Quasi fosse tutta una finta.
Giustamente perché questo è spettacolo.
Sul palco al teatro Regio per Teatro Due il 6 e 7 dicembre, capitanate per forza di classe da Lella Costa, un trio di attrici Orsetta De Rossi, Giorgia Cardaci e Rita Pelusio che comparivano in scena come fantasmi ad evocare il crimine facendo denuncia sulla mano “morta” dei partner.
Infatti gli assassini sono sempre stalker incarnati da mariti fidanzati e amanti, con eccezione di padri e fratelli per il caso di Anja, e un pugno di talebani per la lapidazione di una adultera.
La cosa curiosa sta nel fatto che tutti sono omicidi annunciati perché tutti sapevano ma non denunciavano anzi, a volte anche partecipavano all’evento perché il femminicidio esiste grazie, 
oddio si fa per dire, alla complicità di vicini parenti cugini e affini i quali spesso di fronte ai primi segnali come occhi neri e cicatrici commentano che la vittima se “l’è cercata”.
A tal proposito ricordo un episodio di cronaca nera (che avevo commentato con una mia amica, laureata e colta sempre in viaggio all’estero) nel quale si riportava il ritorno alla vita lavorativa di un operaio uscito dal carcere dopo aver scontato la pena per aver ucciso la moglie fedifraga.
“Poverino, era il suo commento, lei l’aveva sputtanato in tutto il suo paese”.
Insomma l’amica aveva studiato tanto per fermarsi al delitto d’onore. Il Paese è piccolo e la gente approva come si diceva sopra. Inutile dire che non è più mia amica.
Per fortuna che di strada ne abbiamo fatta ma solo sulla carta. Come dire che le leggi si fanno ma sono inutili. Così come inutile è parlare di femminicidio come fenomeno di questo tempo perché è sempre esistito sia per mano di maschi che di femmine come maschicidio.
Allora è meglio il Tango delle Carcerate assassine di Chicago anni 30, dove a ritmo mordente ed incalzante si racconta “il vittimismo” delle donne che l’hanno fatto perché anche lui se l’èra cercata. Cicero, Splash, Squinch…Tutto il mondo è paese.
Lo spettacolo Ferite a Morte è una denuncia sulla denuncia che come una sorta di happening invita le donne a correre ai Comitati di Difesa legalmente aperti per farsi separare dal partner manesco, fin dalle prime avvisaglie. Perchè prima si comincia con uno schiaffo, poi con due e poi con un pugno fino al colpo letale. Già, ma se quella donna non lavora ed insieme ai bambini dipende dal marito cosa deve fare? Sopportare o rischiare di perdere dopo il marito, casa e bambini per lo zelo dei servizi sociali?

Tante domande che restano irrisolte fino a che ci saranno uomini e donne, maschi e femmine.
Ma diventare persone è una impossible mission?
Appurato che lo studio non aiuta a formare, mentre lo sport accentua la competizione che comunque anche se prepara a un corpo a corpo alla pari, con gli Hunger Games le donne si discriminano da sole andando a morire per lasciar spazio ai maschi, non ci resta che sperare, per un futuro migliore, di puntare sul lavoro e uno stato di single dove  ciascuno abiti a casa propria. Chiavare si può, ma senza dare chiavi in mano!
Perché la citazione della Costa è quella illuminante “Se cambi le chiavi ti ammazzo”.Lei non le ha cambiate e lui l’ha ammazzata lo stesso. Dopo averla chiavata.
Insomma la chiave del mistero è tutta lì nella chiave in tasca. Questa è la verità.

domenica 8 dicembre 2013

RAYMONDA ALLA SCALA DI MILANO

sabato 7 dicembre 2013


Stasera alla Scala di Milano si è aperta la stagione Lirica con una Traviata in versione moderna che ha diviso il pubblico. Era da prevedere perchè l'opera Lirica, così come il balletto classico, piace nella sua forma originale.

In genere queste operazioni di rinnovamento si fanno per risparmiare sulle scenografie e costumi perchè l'allestimento esige uno sforzo  notevole a livello di creatività e di maestranze per cui in questo momento di crisi si punta al risparmio.
Del Teatro la Scala ho conservato appunti su un balletto che ho trascritto in diretta durante la programmazione su Rai 5 con introduzione e commenti di una coppia insolita come Luciana Savignano e il ballerino di Amici Kledi che qui trascrivo:


"Sto godendo da matti perchè c'è un bellissimo balletto al Teatro Della Scala di Milano su Rai 5, Raymonda.
Mai visto. Infatti è stato allestito basandosi su quadretti e riproduzioni di fine secolo ottocento quando furoregiava e non si sa perchè si sia disperso perchè è bellissimo e molto aggraziato ambientato al periodo dell Crociate con un tripudio di colori dei costumi e scenografie imponenti.
Forse l'unica pecca sta nella musica, troppo romantica e dolce con un ritmo monocorde pieno di violini e archi con battute d'arpa per accompagnare le evoluzioni della prima ballerina Olesia Novikova.
Bravissima con le phisique du role perchè esile e scattante come solo una ballerina russa, classica, può essere. Deliziosa davvero.
Essendo ambientato alle Crociate con i guerrieri che fanno coppia con le dame ci si aspetterebbe un ritmo più tonante ed incisivo.
Le coreografie sono comunque magnifiche con un numero impressionante di ballerine sul palco sia in costumi medievali che in tutù che fanno corona intorno alla prima ballerina  alla quale è concesso molto spazio per gli assolo...
Fino ad ora perchè proprio in questo momento è catapultata (in una visione del futuro che l'aspetta) fra i saraceni con un bellissimo principe arabo che la corteggia ma che lei respinge perchè Cristiana.
Si sta facendo tutto drammatico ma la musichetta è sempre soave fiabesca e cingallegra...Monocorde appunto.
Peccato perchè altrimenti è tutto fantastico. Fine del primo atto.
C'è Luciana Savignano che sta parlando con Kledy nel foyer della ballerini della quale si dice entusasta come ho detto io sopra.

E' cominciato il secondo atto e in effetti la musica è sempre molto allegra tanto che il maestro dirigeva sorridendo giocoso.
.Il balletto classico è una gioia da vedere nel suo allestimento fiabesco e barocco. Non mi piacciono le rivisitazioni in chiave moderna specie se sono prive di scenografia perchè tutto si riduce a un saggio di danza per gli addetti ai lavori piuttosto che uno spettacolo per il grande pubblico.
La prima ballerina è davvero deliziosa perchè molto aggraziata e scattante. Recita bene avendo l'espressione  che riflette tutta la leggiadria del suo slancio vitale.
La coreografia è molto vivace. Adesso siamo alla corte del Saladino dove si festeggia con canti e danze in un mix di egiziane alle spagnole.
Se quelle spagnole sono abbastanza verosimili quelle egiziane sono poco accattivanti perchè si ispirano ai geroglifici.
La danza del ventre, che in Egitto fa scuola perchè da lì provengono le migliori ballerine, non viene nemmeno accennata.
Nell'8oo si aveva una visione dell'Egitto di memoria Napoleonica con le tombe e i geroglifici senza tener conto del folclore locale.
E' curioso perchè questo succedeva anche nei film storici degli anni 50, dove c'erano sempre banchetti con feste danzanti nella quale primeggiava una ballerina cubana al posto di quella orientale  si chiamava Chelo Alonso che essendo esperta di salsa e merenghe sculettava a più non posso. Non si capisce perchè non si ispirassero alle danze mediorientali originali con danzatrici autentiche.
Forse perchè era difficile che varcassero i confini dei loro Paesi.
A tutt'oggi si assiste ancora a questi spettacoli con danzatrici del ventre de' noantri che comunque non si prestano a sostituire delle Uba Uba per esempio o delle ballerine di flamenco o cinesi perchè sarebbero ridicole, per cui non si capisce perchè si ridicolizzi la danza delle arabe.
Vabbè si può fare per gioco ma non come spettacolo.
La Savignano sta confermando tutto quello che ho detto a proposito del trionfo di colori ecc.
Ora mi vado a gustare l'ultimo atto...

sabato 7 dicembre 2013

LA FORZA DEL DESTINO

Ricordando gli antichi Fasti del Teatro Regio.
                         LA FORZA DEL DESTINO
La Stagione Lirica al Teatro Regio di Parma ha aperto alla grande con la Forza del Destino e le romanze fra le più belle del repertorio di Giuseppe Verdi, prima fra tutte la Vergine degli Angeli.
Di grande suggestione la scena della processione di monaci che usciva da una fessura del quadro scenografico a forma di croce scavata in una parete di muro ispirata a quella di Notre Dame de Paris,come se ad essere messa in croce fosse Donna Eleonora, più che Gesù. Giammai.
Perché la Dimitra Theodossiou ne esce vincente con applausi ed ovazioni del pubblico conquistato dalla sua voce incantevole e divina che straripava dall’importante decolletè. Una visione accattivante che ha esaltato gli acuti da soprano padrona assoluta della scena.
Acuti che venivano mimati nel palco nel quale mi son trovata circondata da esperte del settore tutte vestite di nero pronte a cogliere l’attimo fuggente o la stecca umiliante. Gorgheggi a non finire invece sono stati riservati alla Theodossiou con commenti esaltanti di Elena Formica (che proprio oggi è deceduta a soli 51 anni)


quali “…questa è poesia pura non come quella che ha sostituito che sembrava un Tir…”
Cambio felice dunque come una sorta di Eva contro Eva nella quale ha trionfato la sostituta. Di origine greca, a mettere i classici in scena con la trionfante bellezza delle forme in primo piano.
Le quali non sono valse ad oscurare nemmeno le proteste del loggione a criticare la regia in chiave rivisitata del libretto di Verdi: dopo le lavandaie del Macbeth, ecco l’Osteria del parapon zibon zibon in cui si interroga l’indovina prima di partire in guerra. Avevano ragione ma, si sa che il loggione fa folcrore e non fa testo.
In testa alla regia c’era ben altro, come per esempio di far sfilare sul palco le maestranze a fine opera per raccogliere applausi in abbraccio corale seguendo quella tendenza che sempre più si sta sviluppando nel mondo dello spettacolo dal palco dei teatri al cinema per combattere la crisi. Uniti si vince.
La crisi in questo caso è quella che riguarda i tagli alla cultura delle quali, a farne le spese sono soprattutto le maestranze compresi gli orchestrali i quali si sussurra che non percepiscano regolari retribuzioni. Ma la passione è più forte di ogni conto in tasca e gli artisti del Teatro Regio continuano imperterriti ed eroici nonostante l’Opera Lirica sia in agonia.
Ad accompagnare il Sindaco Pietro Vignali infatti c’era il Ministro della salute Ferruccio Fazio, per avvalorare questa tesi dopo la sparizione delle ospiti vippissime della Tv del quale il Sindaco amava circondarsi come articoli civetta per attirare telecamere delle Tv generaliste.
Che quest’anno hanno disertato probabilmente dopo le ultime polemiche sui costi delle star-testimonial contestate in un evento che avrebbe invece tanto bisogno di visibilità.
Quella che non basta a fornirgli le Tv locali, in contemporanea sugli schermi con la diretta dell’Opera e divisi nel foyer con la discesa in campo delle telegiornaliste le une contro le altre per catturare l’audience e gli spot pubblicitari.
Quello che il Sindaco unisce, la vanità divide perchè gli spettatori sono costretti continuamente a fare zapping tra l’una e l’altra Tv. Il giorno in cui si presenteranno tutte nel foyer facendo squadra avranno vinto, Per ora a vincere a tutta visibilità sono le ospiti che sfilano nel foyer a dare quel tocco di mondanità necessario all’evento. La Forza Del Destino è un melodramma cupo a sfondo religioso raccontato fra colpi di scena con delitto che faceva prevedere una sfilata all’insegna della sacralità. Invece le Parmigiane hanno risposto graziosamente esibendo toilette fantasiose modellate con bustiers, spalline a sottoveste, e spalle completamente nude in una girandola sexy e molto elegante ma, particolare strano, senza accessori vistosi ad impreziosire le mises, arricchite solo da vivaci colori e gocce di profumo. Notata la presenza in sala di Carmen Lasorella insieme al compagno e all’assessore Gian Paolo Bernini che ha parlato dell’Opera con quel tono di voce indimenticata per il calore e rassicurante pacatezza con la quale ci aggiornava dai Tiggì, in termini entusiasti.
Un trionfo condiviso all’unanimità sia nel foyer che nei palchi e fuori onda, non sempre coincidenti nei giudizi.
Oltre a Dimitra Theodossiou in Donna Eleonora, Vladimir Stoyanov in Don Carlo, Aquiles Machado in Don Alvaro, Ziyan Atfeh nel Marchese di Calatrava con la regia di Stefano Poda che ha curato anche scene, costumi coreografie (con balletti molto ben eseguiti) e luci, e il Maestro Martino Faggiani a capo del Coro. Applausi scroscianti per dieci minuti. Bellissimo spettacolo.

mercoledì 4 dicembre 2013

COMPLEXIONS DANZA, UNA DANZA OSSESSIVA

                                                          Parma Danza 2003
Danza Classica o moderna? Classica classica classica e soprattutto Europea.
Dopo la Cina-Danza, dopo Luciana Savignano e le musiche di Carmina Burana con l’orchestra e coro del Teatro Regio di Parma uno spettacolo nello spettacolo, dopo un Don Chisciotte che ha lasciato senza parole, ecco finalmente Complexions lo spettacolo di danza moderna, musiche di Gerswin, Prince, Steve Wonder, Annie Lennox e Under-ground.
Hip Hop… Hurra! Sì ma solo nell’ultima parte.
Chi si aspettava balletti stile Brodway con la regia di Bob Fosse o Rob Marshal ebbene si accontenti di averli visti al cinema.
Gli americani diciamolo sono sempre uguali, anche in guerra: grandi al cinema, un po’ meno nella realtà.
Precisi, professionali, artisti degli effetti speciali, geniali nelle missioni impossibili, al cinema danno il meglio, ma quando tocchi con mano…
Per esempio tutti gli spettacoli di danza sono iniziati puntualmente spaccando il minuto, alle ore 20,30.
Loro no, alla maniera napoletana, verso le 20,30 cioè alle 21.
Per non parlare degli intervalli: mezz’ora abbondante pur non dovendo cambiare scenografia (inesistente) o i costumi (boxer e canotte fino alla fine).
Quanto al balletto e ai ballerini, se i maschi avevano corpi scultorei con movenze che andavano dal fluido al felino in cui spiccava il carismatico Desmond Richardson (che ha partecipato al film Chicago), le ballerine erano un filo cicciottelle.
Che differenza fra i loro corpi e quelli della Savignano che, a 60 anni suonati, danza con un corpo perfetto da fanciulla in fiore. Divina!
Erano tutti molto bravi, per la verità e tecnicamente perfetti.
Un grande rispetto perché si capisce che dietro c’è un lungo lavoro di ricerca e mixage fra il classico e varie culture, in uno stile di danza fatto apposta per gli Americani che con decenni di incroci razziali hanno reso i corpi atletici, vigorosi muscolosi ed energici.
Ma tre ore di danza moderna, ovvero di esercizi ginnici non si guardano con lo stesso coinvolgimento di una danza classica come il Don Chisciotte.
E poi quella musica iniziale…terribile!
Un gnigo-gneo che proveniva dalle corde di un violino intervallato da un suono ossessivo che imitava le gocce d’acqua: toc…toc…sgnik… sgnik. Una tortura indisponenti verso tutto lo spettacolo.
Era meglio Chicago. Al cinema!


martedì 3 dicembre 2013

L’ACQUA SECONDO CAROLYN CARLSON


Si parla molto di acqua per cui propongo un pezzo sulla ballerina Carolyn Carlson che con il suo Eau ha calcato le scene di tutto il mondo fino ad approdare al Teatro Regio

22 maggio 2008, ore 20.00
23 maggio 2008, ore 20.00
Teatro Regio, PARMA
CENTRE CHORÉGRAPHIQUE NATIONAL ROUBAIX NORD-PAS DE CALAIS CAROLYN CARLSON
Direttore artistico Carolyn Carlson
                                              EAU
Musica di Joby Talbot Direttore Christopher Austin
I SOLISTI DEL TEATRO REGIO DI PARMA
Percussioni: Athos Bovi, Lisa Bartolini
Arpa: Anna Loro
Pianoforte e Celesta: Marco Scolastra, Massimo Guidetti


Acqua che scorre, che inonda che sgorga che filtra che nutre che annega che scava che ingorga che slitta e soprattutto che…inquieta.
E’ con questa opera che Carolyn Carlson si esprime in modo completo perché l’acqua è il suo habitat naturale in cui ha vissuto al meglio la sua vita di danzatrice, sorretta astrologicamente (come da brava americana, ha tenuto a precisare) dal trigono per eccellenza che sta alla base di ogni creazione geniale di questa forma d’arte, e che ha segnato il suo percorso come coreografa:
- La Luna (la donna l’inconscio) in Scorpione (acqua stagnante limacciosa paludosa) sono gli aspetti che generano i sogni e gli incubi della parte finale danzata, o meglio mimata, in un’angosciante pena e paura per l’inquinamento della terra.
- L’Ascendente  in Cancro (il passato la famiglia il grembo materno)è attinente alla parte iniziale correlata a quella parte calma serena e fluida nella quale si trae nutrimento per la vita come dal liquido amniotico.
- Il Sole nei Pesci è l’impronta, ovvero quel “guizzo” nell’infinito (la danza) tra le onde dell’Oceano che sbattono contro una barca di grossa stazza, vista come una piattaforma di vita estranea e lontana.


Perchè la vita, nascita e morte, è racchiusa tra i flutti, immersa nei fondali tenebrosi e pieni di mistero che grazie ad una contemplazione profonda liberano l’immaginazione intima da cui parte la spinta per risalire a galla fra lo spumeggiare delle creste , l’ondulazione delle maree e il trasporto di quella corrente che riflette l’immagine e trattiene la sua bellezza oltre la vita, come un’Ofelia che galleggia nell’immortalità.
Questo spiega lo strano connubio tra la figura solare (la coreografa attiva) carismatica e imperiosa anche se lieve ed evanescente di Carolyn Carlson, e quella lunare (la danzatrice-interprete, la donna, il passivo) immersa in un sogno onirico ombroso paludoso e sinistro, intriso di morte.
Un mondo duro, animato da ballerini dominatori arroganti e aguzzini e ballerine alienate nei gesti meccanici che rinascono da involucri di plastica, che si perdono in nuvole di tulle e di polvere, che oscillano il corpo ondeggiando in sincrono con le chiome, che esibiscono un pesce a trofeo, zoppicando in modo scosciante e osceno.

Genialità o pura follia? Il filo che divide è molto sottile e risulta difficile anche per lo spettatore restare in sereno equilibrio fino alla fine dello spettacolo fra acque fangose, cime tempestose e gesti meccanici e ripetitivi da infernale catena di montaggio.
Per fortuna la musica, colonna sonora  delle performances, aiuta nell’intento di galvanizzare la platea grazie e quel suono dolcemente ritmato dei tocchi melodiosi del pianoforte della celesta e dell’arpa, alternato a quello vigoroso e corposo delle percussioni eseguito dall’ensemble dei musicisti tutti chiamati alla fine sul palco per ricevere gli applausi insieme ai ballerini e a Carolyn Carlson, ancora miracolosamente bellissima nonostante i sessanta passati.
E forse proprio per questa sua bellezza naturale che nel panorama della danza contemporanea lei resta sicuramente la più originale ed eclettica per aver arricchito quella strada spianata da Isadora Duncan (le cui creazioni si basavano sul solo elemento Aria  con le movenze esaltate e liberate) con una fusione dei due elementi acqua ed aria fra misticismo e materialità che, mixati ad arte, sono in grado di dare emozioni forti, creando scenari profondamente superficiali e dunque inquietanti minacciosi esaltanti enfatici: una Tempesta Perfetta la cui onda anomala tutto sommerge. Infatti gli applausi arrivano scroscianti sentiti e doverosi. Noblesse oblige.

ROBERTO BOLLE THE PRINCE


Il ruolo del principe d’eccellenza è sempre affidato a lui, il più bello e possente erede del grande Rudolf Nureyev, Roberto Bolle.
Principe Sigfrido nel Lago dei Cigni di Cajkovskij rappresentato al Teatro Regio per la rassegna di Parma Danza 2006 nel mese di ottobre gremito come al solito.

 Ma Roberto Bolle ha dichiarato che il principe Sigfrido non è proprio fra i suoi preferiti, perché meno coinvolgente di altri ruoli come Giselle e l’Histoire de Manon.

E gli crediamo perché il Lago Dei Cigni è sempre  stato il cavallo di battaglia delle prime ballerine, le più celebri del mondo come la russa Galina Ulanova, l’Inglese Margot Fontayn e la nostra Carla Fracci. Le quali si sono cimentate nel doppio ruolo di Odette (cigno bianco) e Odile (cigno nero). Il più difficile nella carriera di una ballerina perché impegnata in un dualismo che comporta un notevole sforzo psicologico abbinato a una tecnica raffinata per evocare il mondo dei cigni.



Il collo, la testa, le braccia ed il busto passano via via da una posizione immobile a quella altera, piegati da un lato o curvati all’indietro.
Soprattutto le braccia debbono sembrare scosse da impercettibili fremiti o tese e ondulate, intente a riprendere il movimento del volo o di un semplice battito d’ali.
Tutti movimenti in grado di esaltare la grazia e la leggerezza tipicamente femminili.
In questa versione del “Lago dei Cigni” il ruolo di Odette-Odile è interpretato da Simona Noja étoile dell’Opera di Vienna che ha danzato nel pas de deux con sensualità delicata, dolcissima e struggente come cigno bianco, trasformandosi in modo straordinario in quello nero con sensualità sfrontata  arrogante e regale, accentuata dalla tiara di diamanti in testa, al posto delle classiche piume nere.
Davvero imperiosa, così come gli assolo, dove si è espressa in modo brillante con particolare vivacità (tipico delle ballerine dell’est) e agilità nei voli d’aria, frutto della sua formazione atletica prima di diventare ballerina classi8ca.

Qualche parola va spesa anche per i costumi che nel divertissement sono importantissimi.
In questo Lago dei Cigni del Teatro San Carlo di Napoli sono mantenuti intatti i colori caldi nei toni rosso, marrone, senape e giallo, ma peccano per troppa stilizzazione sia nei balli di corte che nel duetto spagnolo.
Molto diversi dai costumi della Scala di Milano che abbiamo potuto ammirare nelle passate edizioni con Giselle e Don Chisciotte dove il divertissement era particolarmente curato nella scenografia e ricco nei costumi impreziositi da décor e passamanerie con nastrini e pizzi che si intravedevano dalle gonne di vellutine e seta damascate, con bustier pieni di laccetti e bottoncini.
Particolari che fan la differenza. Per fortuna ci sono i tutù in tulle: tutti uguali in tutte le versioni ed in tutti teatri del mondo pronti a farci deliziare nella danza dell’ultimo atto con la raccolta dei cigni, che fanno trincea dapprima in quaterna per poi cimentarsi in un volo d’ali spiccato per proteggere invano i due amanti dal cattivo Rothbart, l’uccello di fuoco, curiosamente in look nero che ricorda quello del film “Il Corvo” con Brandon Lee.

La star del balletto, Roberto Bolle, è stata ovviamente fin dalla prima apparizione accolta da una platea in delirio, entusiasta per la bravura ma soprattutto estasiata dal suo fisico scultoreo esaltato da quei costumini in calzamaglia che nulla lasciano all’immaginazione. Attributi in primis.
E’ veramente il massimo, Roberto Bolle, nel connubio fra viso dolcissimo e fisico virile, in grado di solleticare l’eros femminile e non solo.
Infatti il pubblico è variegato: uomini e donne in adorazione per questo animale della danza, che ha fatto palpitare di passione una imperturbabile Elisabetta II quando a suo tempo l’aveva preteso in una esibizione esclusiva a Buckingham Palace.
The Queen aveva forse riconosciuto nel ballerino Roberto Bolle il principe ideale, romantico in amore, ben diverso da quello che si trova accanto, principe Filippo di Edimburgo noto per le gaffes e le corna che ha fatto a Sua Altezza la Regina d’Inghilterra.
Insomma Bolle fa impazzire le platee e chissà perché non è in Cartellone nella prossima stagione 2007 di Parma Danza. Ce ne faremo una ragione? Forse no.        



venerdì 29 novembre 2013

LA PRIMA VOLTA DI BOLLE A PARMA DANZA


 Rudolf Nureyev, il ballerino tartaro che l’Europa aveva adottato, le signore se lo mangiavano con gli occhi.
Magico,folle, geniale, sublime ma anche tanto carnale.
Gli occhi erano puntati tutti lì, fra il costumino a perizoma imprigionato nella calzamaglia ad effetto volume che faceva dell’aggraziato ballerino un animale da palcoscenico.
Grandissimo Nureyev, talmente grande da mettere in secondo piano “le prime ballerine” a nome Margot Fontayn e Carla Fracci.


E Roberto Bolle, ammirato nel Don Chisciotte al Teatro Regio di Parma per Parma Danza 2003 mese di Dicembre, è sicuramente il suo erede.
Un corpo perfetto, scultoreo, in una calzamaglia strizzata alla maniera di Nureyev, agile scattante e nel contempo tanto forte da sorreggere in alto nel pas de deux la Dulcinea Marta Romagna, l’étoile dalla pelle di luna, per 30 secondi con una sola mano.
Un portamento da vero principe: bello come un Dio.
Wow wow wow! Le ragazze non finivano di applaudire.
Rose e fiori sparsi dappertutto. Un Don Chisciotte entusiasmante, andante veloce con brio fino alla fine.
Costumi e scenografia in un divertissement fra fandango e boleri che erano una festa per gli occhi.
Le ballerine col tutù hanno incantato: la Scala era fra noi.
E se il teatro della Scala è l’ombelico del mondo, il Regio è il gioello che lo ricopre. Un trionfo!
Poi ci sono state tante rappresentazioni fino all'addio finale di alcuni anni fa, con il quale si è congedato per sempre dal Teatro Regio a causa di Pecunia non Ole.
Olè!. Infatti poi al Regio è sbarcato Michael Barishnicov. Mito scaccia mito!


sabato 23 novembre 2013

BALLETTO NAZIONALE DELLA CINA


In verde smeraldo, giallo ocra e rosso lacca, “le signore concubine” danzano intorno al loro signore marito-padrone.
Prima signora, seconda signora, terza signora….così venivano chiamate nel film “Lanterne Rosse” che abbiamo visto riproposto al Teatro Regio per l’evento Festival Internazionale Parma Danza 2003, aperto nel mese di novembre con il Balletto Nazionale della Cina.
Leggiadre, sinuose, delicate e sottili, le ballerine hanno danzato sulle punte con tecniche perfette, all’occidentale, insieme ad un folto gruppo di ballerini maschi che piroettavano nei pas de deux fra paraventi, bandierine, lanterne rosse, ventagli e in divertissement avvolti nei costumi con maniche sventolate come stendardi, simulando un inquietante accoppiamento-violenza di “prima Notte” con le mitiche “ombre cinesi”.
A passo di musica classica, alternata a quella tradizionale cinese arricchita dai suoni gutturali, l’opera ha catturato l’attenzione emozio9nando gli spettatori con una storia tragica danzata con grande pathos.
Diceva Liliana Cosi, tornando da un corso di danza in Russia :”I Russi mi hanno insegnato a danzare con l’anima”.
Devono averlo insegnato anche ai cinesi, perché in questo balletto “Lanterne Rosse” l’anima è donata con grande generosità.
Infatti è piaciuto molto più del distaccamento Femminile Rosso, un balletto ideato in piena rivoluzione culturale, che i cinesi interpretano con stile perfetto, con tanti trionfalismi da parata militare alla maniera russa “Io Ti Spiezzo in Due”, ma senza passione così come prevede 2l’amicizia”.
In Lanterne Rosse invece troviamo l’anima della Cina: la sua cultura, le sue tradizioni “liberamente” rivisitate – dopo l’era Mao Tze Tung e i Carri Armati in Piazza TienAnMen – con le tecniche ed i ritmi occidentali in un mix originale, di grande effetto scenico e visivo con effetti speciali sorprendenti.
Da menzionare il temporale del Distaccamento Femminile Rosso, una pioggia torrenziale fra lampi e tuoni che sembravano vero, con la nevicata finale di Lanterne Rosse, e in sottofondo la colonna sonora dell’omonimo film
Un motivo a suon battente che accompagnava il rito dell’accensione della Lanterna Rossa posta davanti alla 2dependence” della moglie-concubina scelta per la notte: Ta-ta-ta-ta-ta-ta-tataaa…Ta.Tà.
Tanti minuti di lunghi applausi ci hanno congedato da questo spettacolo curioso e interessante che ci aperto ancora di più a un mondo ancora misterioso come la Cina.
Ma ora la Cina è Vicina



mercoledì 20 novembre 2013

CON MY FAIR LADY IL MITO DI PIGMALIONEI


  Vorrei danzar con te
la notte e il dì così e stringerti a me
Vorrei cantar con te
Vorrei sognar con te
perchè sei tu l'amor...
My Fair Lady in scena  al teatro Regio di Parma nella serata di Sabato 21 novembre 2009, con l'allestimento e regia di Corrado Abbati.
Lo spettacolo è fedele al testo e alla versione cinematografica, quella fastosa Hollywoodiana con Audrey Hepburn e Rex Harrison. Quest'ultimo l'aveva portata con successo anche in teatro insieme a Julie Andrews.
Il musical è tratto dall’opera di George Bernard Shaw dopo che gli eredi avevano lasciato i dirittti di produzione per opere cinematografiche a Gabriel Pascal che aveva tradotto in film anche Cesare e Cleopatra facendone un evento con Marlon Brando.
Se le scenografie erano un po' troppo scarne in compenso i costumi erano fastosi in un  tripudio di colori dal bronzo, al rubino per passare anche dal viola con spolveratine di pailettes a tutto argento, accessoriati con svarowsky luccicanti  nei diademi e colliers nelle scene a Corte e in Bianco e Nero adornati da cappelli fiocchi e nastrini (Ispirati al film di Audrey Hepburn) nella scena delle corse dei cavalli.
.Ma la magia era sprigionata dalle canzoni dove spiccava la protagonista con una voce bellissima che passava dallo squillante al corposo come una cantante jazz.
 La storia è nota: una fioraia rozza viene raccolta da un gentlemen inglese scorbutico ed egoista, il professor Higgins (Carlo Monopoli) che in pochi mesi riesce a trasformare per scommessa con il Colonnello Pickering (Fabrizio Macciantelli) che si assume gli oneri delle spese,  la grezza fioraia riuscendo a portarla tutta ben vestita alle corse, dove c'è una scena nella quale lei fra tutte le nobildonne, incalza il cavallo vincente con una esclamazione: "Dai dai forza, ma ti sta cascando il culo?"mettendo tutti quanti in imbarazzo, professore compreso che pensa sconsolato di non riuscire nell'intento di farla diventare una grand dama per portarla a Corte.
Un quadretto questo che abbiamo visto riportato anche in Pretty Woman, quando anche Julia Roberts e Richard Gere vanno alle corse con lei tutta vestita di marrone a pois bianchi che incita il cavallo in maniera rozza, mettendo a disagio i presenti.
Il Finale è a lieto fine è ovvio, come ogni favola che si rispetti dove, dopo un tira e molla, ti lascio e me ne vado,
finalmente il rude e scorbutico di turno, soddisfatto del suo ruolo di pigmalione, si riprende la ragazza che considera una sua proprietà avendola perdippiù anche pagata con 5 sterline quelle versate dal professore al padre, per Eliza, e qualche migliaia di dollari da Gere per Julia, quale prostituta..
 Pagati volentieri dai loro consumati  pigmalioni, trovandosi alla fine bella e pronta una meravigliosa creatura della serie "Attenta che io ti ho fatto e ti posso anche distruggere", in grado di soddisfare in pieno ogni delirio di onnipotenza.
Ma questo messaggio arriva dopo “alle my Fair Ladies perché mentre è in corso la favola abbracciano felici e contente lo scopritore di talenti, sicuro che durerà per sempre come un grande amore.
Ma se con la fioraia il finale è chiaro e forte quando il prof. Le dice affettuosamente: “E adesso portami le pantofole”, nominandola governante a tempo pieno nonostante lei gliele abbia cantate con una romanza: “La vedrai prof. Higgins, la vedrai…”, in Pretty Woman è più inquietante perché finisce in gloria con la sigla Pretty Woman nominandola così a tempo pieno per un ci ci dò che ci dò incessante in un dejavue infinito con repliche e bis…E mica a gratis anche se solo ed esclusivamente performance per "Richard Gere" che continua così nel suo percorso di masturbazione perversa al grido di...e io Pago! Ma mi faccia il piacere….Già fatto?

     

sabato 16 novembre 2013

LUNGS, LA PAURA DI CRESCERE

 Lungs è in scena a Teatro Due di Parma fino al 30 novembre.
Da vedere perché vale il biglietto. E non è poco in questi tempi di crisi globale.
Crisi nel settore agricolo (dove mancano le braccia), come in quello dei teatri (dove attori sono più numerosi che spettatori), la crisi è il leit motiv che accompagna il dialogo di Lungs (polmoni): un grande respiro facendo un pieno di micro polveri del nostro Pianeta quali terrorismo, clima impazzito, instabilità politica, per poi espellerli in un privato vissuto a ritmo cardiopalmico fra masturbazioni mentali per decidere se fare o no UN BAMBINO.
Ma non sono sposati! Tanto per citare The Queen a Buckyngham Palace ultimo baluardo della
coppia tradizionale intesa come sposa che entra in Chiesa senza il pancione.
Passi sul fatto della verginità perché quello che conta è la mentale, ma il pancione no: a Buckyngham Palace ancora non si è visto.
Non come a Montecarlo dove Charlotte esibisce un pancione senza esser regolarmente maritata. Ma la principessina non fa testo perché Monaco resta così un paese da operetta.
Una coppia a modo deve sposarsi  per interesse perché se lo fa per amore non deve ricorrere al matrimonio riparatore.  I tempi cambiano, ma l’amore assoluto no. Ed è sempre quello che si recita all’opera. Mica all’Operetta.
A Teatro c’è una via di mezzo che ha fatto centro. Infatti con Lungs viene recitata da due bravissimi attori giovani e dinamici come Sara Putignano e Davide Gagliardini per la regia di Massimiliano Farau.
La coppia formata da due ragazzi conviventi si mette a discutere se fare un figlio oppure no
al quale offrire, in caso affermativo, tutto un Pianeta in decadenza. Il discorso è ampliato rivolto all’Universo ma su un piano d’Infinito, nel senso che risulta essere un dialogo senza fine, senza un attimo di respiro, per sognare per poterti dire a gran respiro, t’amo mio bove.
Infatti appena lei si lascia andare, al bove, ecco che rimane incinta.
Quanti discorsi buttati all’aria a pieni polmoni! Ma la natura interviene per fare il suo corso facendoli accoppiare di brutto senza pensare in un momento di euforia.Un percorso a metà a dire il vero perché la gravidanza non è portata a termine stante aborto spontaneo. Anche la natura ha un limite alla pazienza su una gravidanza logorroica di due giovani sempre indecisi sul da farsi.
Il botto è grande e mentre lei si ritira a leccarsi le ferite, lui farfalleggia in ufficio con altre partner mettendo in evidenza due modi di concepire la vita in solitudine di coppia lasciando tutto il peso della sconfitta sulle spalle della partner che per la prima volta sente la responsabilità di essere donna intesa come madre: madre del nascituro, madre del compagno, madre del padre anziano nel frattempo andato a morire, madre della madre diventata vedova.
Non è madre natura ma l’archetipo della  Grande Madre. “Non voglio principessine, né bambini con la pistola ad acqua…” dice infatti nel suo eloquio perchè La Grande Madre era già in abbozzo ben lungi dall’esser madre natura poiché  essa è matrigna.
A volte anche benevola.  Infatti lei rimane incinta per la seconda volta casualmente, quando lui è in proncinto di sposarsi con un’altra. Ma il bambino farà il miracolo di riunirli in coppia prima, e matrimonio riparatore dopo.
Alla faccia di The Queen vivranno felici e contenti, la loro favola, fino all’ultimo respiro. Di lui. Un fiore sulla tomba e finalmente quel grido d’amore sempre soffocato dentro (per una sorta di pudore da conservare in un angolo buio per dare spazio al rapporto intelligente sempre sotto controllo): “Ti amo”.  Per sempre, assolutamente sì.
Bellissimo spettacolo che ha tolto il fiato perché seguito in religioso silenzio,senza un attimo di distrazione per non perdere una sola parola di un testo avvincente fino all’ultima battuta
Applausi a non finire perché anche all’uscita i consensi di soddisfazione continuavano all’unanimità.


Sono le facce in uscita che dicono tutto di uno spettacolo, senza bisogno di uno scambio di opinioni.

MARIO BIONDI AL TEATRO REGIO


“Questo è il Regio, bellezza!”
“Jaaaazzzz!2
Ricordate?...Richard  Gere, Catherine Zeta Jones, Renée Zellweger?
Parma come Chicago la capital del jazz. Sissignori perché dal Teatro Regio nel febbraio 2008 è partito il primo Tour Mondiale di Mario Biondi il soulman italiano, voce rivelazione e fenomeno di successo del 2007, ormai conosciuto in tutto il mondo  con  concerti a Tokyo, una Tournée negli States e un importante riconoscimento brittannico).
Un pubblico variegato con giovani in jeans o mini a gi-go, e persone mature in abito da sera, ha accolto con un’ovazione l’apparizione del cantante sul palcoscenico del Regio, alla terza esibizione di Sabato 2 febbraio.
Ad aprire una scenografia ad effetti speciali con immagini proiettate su pannelli di tulle calati a spazi intermediali con disegni grafici e dinamici: geometrie e ritratti del cantante in primo piano e a figura intera in corsa fra grappoli di orologi, a scandire il tempo di tutte le fasce del globo.
Perché è proprio dal tempo che l’artista Mario Biondi si sente toccato. Un tempo che vorrebbe controllare per farlo aumentare nei momenti di piacere e diminuire in quelli di disagio.
Un tempo inteso come relatività ma soprattutto come ritmo, ritmo ritmo….!scandito come i secondi di un orologio per poi vivacizzarlo a velocità giocando con la voce a cavallo delle note ondeggianti tra basso e contrabbasso, per poi finire in alto a sfrecciare con gli acuti.
Allineati:
-alla sua destra tromba Giovanni Amato, sax Daniele Scannapieco, alla sinistra basso Celestino Andrea, percussioni Luca Florian e batteria Nicola Agelucci;
-nello spazio intermedio gli archi viola violino violoncello, la chitarra Drogo Davide e la tastiera Andre Bertorelli;
-nel fondale al pianoforte Paolo di Sabatino e coro;
signori, ecco la Duke orchestra.
E poi lui, Mario Biondi, che apre con una voce forgiata con lo stile Black music, calda, bassa e possente fino ad arrivar a far vibrare le casse toraciche degli spettatori.
Dalla platea il pubblico accenna qualche mossa per seguire il ritmo accompagnato anche dalle mani e con tanti wow wow wow!
Alcuni commenti ad alta voce rallegrano Biondi e la platea: “Per fortuna che ci sei…Ti amo fratello…Ma dov’eri prima, Mario?”
E lui era proprio qui fra noi a Parma dove dalla Sicilia si era insediato da diversi anni esibendosi in tutta Italia fra Piano-Bar e locali esclusivi. Perché la sua musica era considerata una musica di nicchia.
Sì, ma talmente grande da sconfinare nella popolarità internazionale compiendosi così il destino di ogni artista originale.
Un grande, con una voce unica in un mix fra Barry White e Frank Sinatra,J Love You More Live è il titolo del concerto, che dà inizio al Tour 2008, arricchito dalla presenza dei Neri Per Caso con il quale Mario Biondi si è unito in coro, duettando poi con le voci delle sue coriste e dialogando con la tromba di una di esse (Cristina Polegri,Wendy D.Lewis e Vahimiti Cenci).
Uno spettacolo intenso, avvolto in un’atmosfera di rara eleganza e compostezza che contrasta con la vivacità e lo sprint delle esecuzioni degli artisti, il quale va sicuramente annoverato fra le composizioni artistiche più elevate e di qualità della musica leggera.
E, dunque, giustamente collocato e “battezzato” nel Tempio del Teatro Regio.
Perché: “…questa è musica, bellezza!”
“Jaaaazzzz!”              

martedì 12 novembre 2013

COSI' E' SE VI PARE


Quando il Paese è piccolo la gente mormora. Ma anche quando è grande perché spettegola globalmente davanti al p.c.
In Così è Se Vi Pare a Teatro Due di Parma dall’1 al 3 novembre, la gente chiacchiera davanti alla Tv scoppiata e fatta a pezzi, per cui non resta che raccogliersi seduti sul divano in un salotto non propriamente buono a spiare e commentare il vicinato.
Come una volta dove nei piccoli Paesi le vecchie e i ragazzi si riunivano seduti sulla porta per osservare il passeggio delle famiglie vestite a festa la domenica o quelli che tornavano dal lavoro nei campi in bicicletta nei giorni feriali.
Gli uomini traballavan sul sellino stante la puntatina d’obbligo all’osteria mentre le donne con le mani callose ed il fazzoletto in testa pedalavano in tutta fretta per preparar la cena alla famiglia. Questo avveniva al nord dove le donne hanno sempre preso parte attiva nel lavoro alla pari degli uomini anche se penalizzate un filo nella busta paga. Ma questo è un problema a tutt’oggi irrisolto.
Ad ogni modo Nord e Sud sono sempre stati accomunati nelle chiacchiere di Paese, mentre in città c’erano quelle di condominio dove qualcuno era, ed è  anche fortunato di trovare coinquilini che più che buongiorno e buonasera non lo scambino, anche se  a volte capita, a finestre aperte d’estate, di osservare involontariamente  quanto avviene intorno sperando che non ci sia un assassino come In Finestra Sul Cortile, Misterioso Omicidio a Manhattan oppure Scoop, dove  i vicini si trasformano in dectetive-fai-da te per smascherare il colpevole e consegnarlo alla giustizia.
E’ quanto si vorrebbe che avvenisse in Così e’ se Vi Pare di Luigi Pirandello, una commedia incentrata sull’invadenza dei vicini i quali, pur di andare in fondo alle loro supposizioni di dectetive improvvisati, chiamano il Prefetto per costringere le persone fatte oggetto del loro pettegolezzo di spiegare il comportamento anomalo (constatato dal fatto che il genero interloquisce con la suocera del piano di sotto, al posto della moglie chiusa in casa) mettendo a nudo i loro sentimenti. Per valutarli.
Come se si potessero valutare i sentimenti di una persona!
La verità fa male, canticchia uno dei protagonisti.  Ci voleva anche S.Remo e Caterina Caselli a dare un tocco di grottesco al testo Pirandelliano di una commedia che già di sua è grottesca.
Infatti gli attori con tutta la buona volontà non riescono a farci ride’ se non vestendo panni caricaturali come nelle comiche di Ridolini con il bastone del cieco che volteggia in aria o gli scatti nevrotici del ragazzino “checo” attorniati da amici e parenti in fregola per sapere la verità dei tre vicini. Le verità sono dunque tre, una per ciascuno dei personaggi chiamati in causa: il primo nell’affermare che il genero è pazzo, il secondo per ribadire che ad essere pazza sia la suocera, il terzo per confermare di essere esattamente come dicono marito e suocera. Insomma qual è la verità?
Risata finale e  Da-da- umpà delle Gemelle Kessler come musichetta di chiusura.
Applausi applausi applausi: gli attori sono usciti tre o quattro volte per raccogliere gli applausi a scroscio.
Finalmente la commedia è finita: gli amici se ne vanno, che inutile serata… non tanto per l’allestimento scenico da carcasse di food valley e la regia caleidoscopica di Alessandro Averone in una sorta di pout pourri fra sorrisi e canzoni, quanto per il messaggio un filo deprimente per ribadire quanto il pettegolezzo (spesso tradotto in calunnia) da Paese piccolo sia a tutt’oggi molto diffuso e praticato.

MARIA CALLAS CASTA DIVA IN SVAROWSKY


Con la Tosca di Giacomo Puccini chiude la stagione Lirica 2009 del Teatro Regio di Parma
per poi finire all’evento Parma Danza nel mese di maggio.

E come non ricordare la versione della Tosca cantata da Maria Callas che viene ricordata anche per i preziosi gioielli con cui si adornava nei costumi di scena?.
Tutti diversi fra loro perché ogni volta se li faceva disegnare appositamente impreziositi dai mitici Svarowsky che abbiamo potuto ammirare anche in occasione di una mostra allestita proprio nel ridotto del Teatro Regio.
Bellissimi diademi, parure di collane e orecchini che aveva indossato oltre che per la Tosca anche per la Norma diVincenzo Bellini in tutti i teatri del mondo.
Per chi non ne fosse a conoscenza Maria Callas si era esibita anche a Parma, esattamente nel 1951, nel ruolo di Violetta della Traviata di Giuseppe Verdi (v.foto scattata nel camerino del teatro e in un Hotel) quando era nel massimo splendore, con una voce che incantava le platee.


Maria Callas allora portava ancora il nome di Meneghini suo-marito-manager che le procurava le scritture prima che Aristotele Onassis si affacciasse all’o
rizzonte rovinandole la carriera e poi la vita.
Resta un mistero di come una star del suo calibro, osannata e acclamata in tutto il mondo si fosse abbassata al livello basso di Onassis.
Vabbè che con Meneghini non c’era stata consumazione perché, come assicura l’amico Franco Zeffirelli, lei era entrata come una casta diva nel lettone di Aristotele sul panfilo Cristina (che non ha portato fortuna a nessuna donna che vi ha messo piede, da Tina prima moglie, a Jaqueline Kennedy seconda passsando dall’amante Maria Callas fino ai figli di Onassis Cristina e Alessandro) ma una via di mezzo poteva pur esserci.
Impossibile per una Divina come Maria Callas dove tutto era nero o bianco, senza alcuna sfumatura tanto da lasciarsi andare fino a morire per il dolore della sua perdita.

Come un’eroina dei suoi drammi, capace di amare in maniera totale e devastante.
Aveva cinquant’anni ma era rimasta una fanciulla, morendo silenziosamente come una Casta Diva, o ancora meglio come una Tosca la cui romanza recita: “…vissi solo d’arte e d’amor…”
Ed è caro agli Dei chi muore giovane.
Lei sarà sempre la Divina anche dopo aver chiuso il sipario sulla sua vita.

                                  LA TRAVIATA

(di Francesco Maria Piave) Musica di Giuseppe Verdi
Rappresentazioni: 30 Dicembre 1951, 3, 4 e 9 Gennaio 1952
Interpreti: Maria Meneghini Callas (30.12) e Fiorella Carmen Forti (Violetta); Ebe Ticozzi, Maria Varetti (4.1) e Gabriella Galli (9.1) (Flora); Maria Varetti e Sandra Nenni (4.1) (Annina); Arrigo Pola e Gianni Raimondi (9.1) (Alfredo); Ugo Savarese e Walter Monachesi (4 e 9.1) (Giorgio Germont); Vittorio Pandano (Gastone); Camillo Righini (Barone Douphol); Enzo Cecchetelli (Marchese d'Obigny); Aristide Baracchi (Dottor Grenvill). Prima Ballerina: Anna Maria Bruno.
Maestro Direttore: Oliviero De Fabritiis. Regista: Riccardo Moresco. Maestro del coro: Gianni Lazzari.
Scene: Ercole Sormani.
Costumi: Casa d'Arte Imperia.
Impresa: Cittàdi Parma - Teatro Regio.
Altri interpreti: Orchestra e Coro del Teatro Regio di Parma.

lunedì 11 novembre 2013

A CINDERELLA STORY

Un quadrato con sfondo nero via via sfumato nei toni dal grigio scuro a quello chiaro per arrivare ad un colpo di luce bianca che illumina anche la platea.
Con questa scenografia minimal per mettere in risalto le emozioni, il Teatro Regio di Parma ha aperto la rassegna danza 2007 con, a Cynderella Story, la favola di Cenerentola rivisitata in chiave moderna dall’Hamburg Ballet con la coreografia di John Naumeier il quale dice di essersi ispirato a Shakespeare con l’opera di Amleto.
Infatti Cenerentola persa la madre, dialoga con lei che l’affianca nei momenti di abbandono  della vita, soprattutto quando si sente tradita dal padre che va a nozze mentre “il cibo preparato per il banchetto funebre è stato servito per risparmiare sulle tavole delle nozze”.
Silvia Azzoni nata a Torino e dal 2001 prima ballerina, dà corpo a una Cenerentola eterea minuta e fragile come una porcellana ma al tempo stesso piena di temperamento.
La sua Cindy non è affatto umile e servizievole nel ruolo di servetta nella quale l’hanno relegata la matrigna e le sollellastre, ma una ragazza ribelle dispettosa e piena di8 scatti aggressivi che non disdegna atti plateali come quello di sbattere il vassoio pieno di calici per terra.
La perfezione delle movenze accompagnate da una capacità interpretativa fuori dal comune mettono a fuoco la personalità di una ragazza dei giorni nostri in una storia danzata a tutto campo.
Con le movenze rigide dei mimi quando Cenerentola è in servizio, a quelle vivavci e gioiose negli intervalli in complicità con il padre, per passare al repertorio classico romantico e sentimentale quando si trova immersa nei suoi sogni o in pas de deux con il principe, si attraversa la fiaba, senza fatine biribò biribù, che di incantato ha solo un albero con tanti uccellini.
E’ l’albero della vita che cresce sulla tomba della madre man mano che la storia si dipana a significar che dopo la morte nasce sempre una nuova vita.
E la vita di una Cenerentola moderna è normale, anzi normalissima anche quando incontra il principe. Alexandre Riabko al gran ballo, con abito da sera e scarpette d’oro, che lei lascia solo alla festa sentendosi estranea a quell’ambiente.
Perché lei, tutt’altro che principessa, è una fresca ragazza di campagna.
Per fortuna che anche il principe non si sente tale, avendo un animo d’artista amante della natura, dilettandosi nella pittura e rifuggendo la vita di corte.
Così i due ragazzi in perfetta sintonia (sono anche marito e moglie nella vita) si incontrano in un prato all’ombra dell’albero cresciuto, iniziando la loro danza dell’amore, quale preludio per una vita non da favola ma con due cuori e la natura.
Applausi per tutti: davvero bravi tanti ballerini in scena impegnati sia nei personaggi della storia con il padre, Lloyd Riggins, la matrigna intraprendente Joelle Boulogne, le pepatissime e briose sorellastre Carolina Aguero ed Hélèn Bouchet, che in quelli di fantasia che hanno dato vita a un corpo di ballo piroettante a figure caleidoscopiche formante quartetti assolo e abbracci corali.
Tutti insieme appassionatamente  a fare cerchio, alla fine, intorno a lui John Neumeier il coreografo un tempo ballerino che, per la statuaria bellezza in America veniva osannato come un Roberto Bolle. Bellissimo e geniale,la sua ultima opera è stata un'acclamata Lady of The Camellias in una versione con  con Roberto Bolle, appunto.
                   

mercoledì 6 novembre 2013

TURANDOT EROTICA DOMINATRICE



 “Vincerò, Vincerò….!” Detto e fatto. Il Regio ha consacrato un nuovo tenore (a dirla tutta, l’esibizione della prova generale è stata quella superba) in grado di emergere sulla scena mondiale.
Nei panni di Calaf nella Turandot in scena al Teatro Regio la sera del 22 febbraio 2007, il tenore Marco Berni ha esteso la sua voce possente facendo tremare tutte  le lanterne rosse della messa in scena curata in collaborazione con la Royal Opera House Convent Garden di Londra, nella maniera più tradizionale. Come si conviene. Diciamolo.
Piace vedere gli scenari ispirati ai disegni e alle pitture dei vasi cinesi del periodo ming: colori forti e vivaci, laccati in rosso papavero, giallo limone, blu elettrico e bianco-oro-argento che fluttuano fra drappeggi, ventagli, maschere, draghi, pagode, colpi di gong e spade sibillanti ad accompagnar la danza di corte tra mandarini, maestri di cerimonie, ancelle e concubile.
E’ la Cina che tutti abbiamo impresso nell’immaginario, la cui culura misteriosa non siamo ancora riusciti a comprendere in pieno.
E infatti è proprio il mistero il filo conduttore di tutta l’opera con tutti i suoi enigmi da decifrare per poi arrivare alla soluzione più banale e naturale, che si chiama amore.
Così assistiamo ad un lungo preludio di schermaglie mentali che culminano nel sado-maso con la morte suicida della piccola Liù, a far da sfondo nel tragico connubio di eros e tanathos al complicato rapporto fra la frigida principessa Turandot ed il caldo ed impetuoso principe Calaf, per arrivare all’orgasmo finale con un appassionato bacio introdotto nella fremente bocca della principessa apertasi arrendevolmente nel pronunciare la parola amore.
E il mistero dell’amore così si scioglie in pochi attimi per dare linfa alla nuova vita di coppia felice e contenta.
Applausi calorosi ed ovazioni anche per la soprano Andrea Gruber nei panni di Turandot di cui è stata ammirata anche la notevole fisicità ad esaltare il carattere imperioso ed autoritario della principessa frigidaire e di Valentina Farcas in quella di Liù (incinta di otto mesi: un particolare che ha contribuito ad accentuare la dolcezza e l’empatia con il pubblico).
Tutto perfetto, anche se un unico appunto si potrebbe fare alle acconciature, perché lasciate andare a chioma sciolta, a tutto extentions e in maniera selvaggia privandoci di quellla delizia dei bellissimi intrecci fra nodi e ciuffetti ornati di ciondoli a grappoli rappresentanti le mitiche acconciature da celeste impero.
Che comunque avrebbero evitato, stante i capelli sciolti su vestaglia a Kimono, l’effetto mise da camera da letto.
Un’inezia che non incide nella complessità di tutto l’allestimento apprezzato all’unanimità, visto i consensi entusiasti e favorevoli che venivano espressi nel foyer. A cui vanno aggiunte numerose anche le critiche positive per tutto il programma finora svolto con tre opere ad altissimo livello, per cui l’attesa per il prossimo Otello di GiuseppeVerdi è ancora più sentita sperando che soddisfi le aspettative di una stagione tutta da ricordare.
Intanto ricordiamo tutto il cast: in primis, il parmigiano Marco Spotti nei panni di Timur, Max René Casotti in quelli di Altoum, Fabio Maria Capitanucci, Gianluca Floris e Mauro Buffoli in quelli di Ping Pang Pong. Armando Garba Mauro Buffoli Azusa Kubo e Maria Chiara Pizzoli, rispettivamente mandarino, Re di Persia e due ancelle.
Orchestra e Coro del Teatro Regio diretto da Donato Renzetti, quello delle voci bianche dirette da Sebastiano Ralli. Regia Andrej Serban. Compagnia del Balletto di Roma, per le danze orientaleggianti.
E un lungo applauso al sovrintendente Mauro Meli per il talento raro ed eccezionale di stupire.

         
Nessun Dorma da Turandot cantata da Luciano Pavarotti.nel 2007 a Parigi

domenica 3 novembre 2013

IN COMPAGNIA DEI GGGGIOVANI

Parlando di gggiovani sul filo del Corriere di oggi, mi torna alla memoria la Compagnia dei Giovani fondata

da Romolo Valli con Rossella Falk Anna Maria Guarnieri ed Umberto Orsini che si è sciolta con la
morte di Valli al quale è stato dedicato un teatro a Reggio Emilia.
La compagnia non ha mai avuto un teatro stabile a proporre le commedie
spocchiose della piccola società borghese degli autori italiani con Pirandelloin testa. 
Il loro cavallo di battaglia era infatti Sei personaggi in cerca di autore, ma più che autore evidentemente cercavano un Teatro che per questioni
politiche non è mai stato loro donato. Era il tempo dei sinistrorsi alla Fo che faceva sempre coppia  con France Rame o alla Carmelo Bene con Manuela Kusterman sempre nuda sul palco. Facevan tutti molto sinistra quella che a tutt'oggi i sinistrorsi
vogliono rinnegare. Eppure c'era fermento sia a sinistra che al Centro. La destra era off solo di pertinenza della politica estrema.
La cosa curiosa è che nessuno di loro ha lasciato eredi. Questo è da imputare al fatto
che non erano giovani purtroppo ma tutti di età matura. Giusta comunque per
un Teatro perchè li si guardava da lontano ascoltando solo le loro recite di
attori di razza. Un conto è leggere scrivere ascoltare...che accende la
fantasia, un altro è l'immagine che non sempre è in sintonia con l'autore o l'attore rompendo l'incantesimo del testo d'eccellenza. Infatti Rossella Falk si è data al cinema e alla Tv nella quale le hanno sempre offerto ruoli di
donna arcigna e di carattere perchè aveva una faccia spigolosa che a Teatro invece lei ha sempre tradotto come attrice di classe. 
Anna Maria Guarnieri invece ha trovato spazio in Tv, soprattutto grazie al clamoroso successo di Giulietta e Romeo portato in teatro con Giancarlo Giannini, mentre al cinema si è limitata a prestare la voce alla interprete Olivia Hussey indimenticata nel ruolo di Giulietta di Franco Zeffirelli.
Purtroppo la Compagnia ha
avuto breve durata nella quale gli attori si sono molto divertiti, così come ha
dichiarato la stessa Falk alla morte di Romolo Valli nelle varie tournées, dando in pasto al pubblico commedie pallosissime. Per i gggiovani ovviamente.


mercoledì 30 ottobre 2013

SHAKESPEARE IN POLVERE DI STELLE


(Ma 'ndovai se la banana non ce l'hai?) Molto Rumore Per Nulla in scena Sabato sera 19 ottobre al Teatro Due di Parma in prima nazionale.
Una rivisitazione molto scorretta dell’opera di William Shakespeare che già di suo è una sorta di Taralucci e Vino perchè finisce in vacca.
Infatti la promessa sposa, vergine di nascita, finisce per essere sputtanata e rifiutata davanti all’altare dal promesso sposo caduto nella trappola delle chiacchiere di paese.
Il paese è piccolo e la gente mormora.
E non si fa per dire: fra il pubblico ho avuto il piacere di sedermi accanto a tre giovani inglesi, una coppia ed un terzo arrivato apposta per lo spettacolo all’ultimo momento perché aveva in spalla un grosso zaino.

Il rumore che hanno fatto è stato illuminante perché si sa che loro si cibano di Shakespeare fin dall’asilo con le commediole scolastiche per cui conoscono le battute a memoria.
Infatti ridevano con tempismo pur non conoscendo bene l’italiano come mi diceva il ragazzo saccopelista rimasto attento fino ad un certo punto perché poi cominciava ad appisolarsi.
“Dormi?”  e lui: “Non ce la faccio più” tanto che poco tempo dopo si era alzato per uscire lasciandomi di fianco alla ragazza inglese piuttosto su di peso con un vestito folk lungo fino ai piedi, le spalle nude e le infradito, vagamente, ma molto alla lontana, somigliante a Amy Adams che comunque fa fenotipo di genere Inglese.
La ragazza si scompisciava dalle risate intervallate con commenti a caldo:  “Italiani!” per dire forse che come guitti da strapazzo che tutto traformano in polvere di stelle non sono paragonabili a nessuno.

Della commedia c’è tempo per approfondire ma non posso esimermi dal controbattere a freddo alle battute dell’inglesina perché secondo me, ma questa è un’opinione, voleva ribadire quel concetto di sordida memoria nel quale si afferma, senza ombra di dubbio: “Ci facciamo sempre riconoscere!” 




Ma se un classico è scivolato nell’avanspettacolo come Polvere di Stelle perché noi italiani, diciamolo, ce l’abbiam nel DNA, è da elogiar l’intento molto alto di riportarlo in una location tanto prolifera della cinematografia americana degli anni 50 che va Da qui All’Eternità fino ai giorni nostri con New York New York con Robert De Niro e Liza Minnelli e sottofondo di motivetti swing suonati da orchestrine jazz con tanto di trombe e tromboni.
In questo senso l’operazione è riuscita (al pianoforte Emanuele Nidi, Clarinetto Paolo Panigari, Trombone Fabio Amadasi, contrabbasso Francesca Licaussi, batteria Gabriele Anversa) perché effettivamente l’orchestrina in scena era accattivante proponendo melodie classiche di quel tempo come Blue Moon, Cheeck to cheek e così via ad accompagnar l’inizio delle liaisons e intrecci correlati di pettegoli e impiccioni per rompere o creare rapporti di coppie.

L’orchestrina però segnava il ritmo che mancava alla commedia tutta in falsetto come una serie di gags dei teatrini e compagnie di giro, sempre loro sempre gli stessi che escono ed entrono cambiando abiti di scena. Elisabetta Pozzi e Gigi Dall’aglio (e la regia di Walter Le Moli) per esempio sono come Ridge e Brooke delle soap: se non ci fossero loro a tenere in piedi lo spettacolo…
Meno male che c’erano questo va detto perché sono professionisti sempre amati dal pubblico affezionato così come succede con i protagonisti delle soap sempre presenti in video tanto da sembrare ormai di casa nostra.

Infatti si sono attenuti al testo shakespeariano facendo molto Rumore Per Nulla preso alla lettera perché alla fine (tre ore e mezza di spettacolo) non se ne poteva più tanto che le canzoni del finale suonavano come delle nenie cantilenanti alle orecchie stanche degli spettatori.
Perché tante ore se il soggetto è stato ampiamente trattato nel film omonimo diretto da Kenneth Branagh in un’ora? Per dare modo all’orchestrina di inserirsi nel contesto?Allora perché non fare uno spettacolo con un soggetto nuovo? Molto più facile attenersi a quelli collaudati da tempo che così il successo è assicurato.


Quello che manca a quest’opera teatrale è la leggerezza e credibilità del film con Emma Thompson Denzel Washinghton.
Infatti La Thompson e Kenneth erano totalmente immedesimati nei ruoli di botta e risposta di Beatrice e Benedetto da contendersi la primarietà negli applausi a scena aperta. Tanta competizione da animali da palcoscenico li ha poi portati alla rottura del loro menage coniugale separandosi di brutto.
                        https://www.youtube.com/watch?v=1nbtFFJyB00
In scena invece cavalcavano soavemente le battute shakespeariane danzando un duetto  con ironia e humour molto british del tutto svanito nella commedia a Teatro Due della quale, come detto sopra, ha fatto godere molto la musica.
Un’idea: perché non fare uno spettacolo con l’orchestrina a tutto swing e dare a Shakespeare quel che è di Shakespeare…?